il manifesto 29.9.16
L’omaggio al “pacifismo” di Peres rischia di imbarazzare Netanyahu
Funerali.
Obama e numerosi leader occidentali attesi a Gerusalemme per l'addio
all'ex presidente israeliano. L'omaggio alla figura di Peres potrebbe
mettere in difficoltà il premier di destra
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
I media israeliani parlano dei riti funebri per Shimon Peres, previsti
domani, come i funerali di stato più imponenti dalla morte di Nelson
Mandela nel 2013. L’ex presidente israeliano sarà seppellito vicino alla
tomba di Yitzhak Rabin, sul Monte Herzl di Gerusalemme. L’arrivo nelle
prossime ore di tanti di capi di stato e di governo paralizzerà per gran
parte del giorno la città e l’autostrada per Tel Aviv. Tra i tanti nomi
spiccano quelli di Barack Obama, del Segretario generale dell’Onu Ban
Ki-moon, del presidente francese Hollande, della cancelliera tedesca
Merkel. Non ci saranno Donald Trump e Hillary Clinton ma la candidata
democratica sarà rappresentata dal marito ed ex presidente Bill Clinton,
che lavorò con Peres e Rabin durante gli anni degli Accordi di Oslo.
Non verrà neanche papa Francesco, contrariamente alle voci girate ieri
mattina. E non è ancora confermata la presenza del presidente
palestinese Abu Mazen. Quanto all’Italia la scelta sarebbe tra il
presidente del Consiglio Renzi e il capo dello stato Mattarella
(peraltro atteso in Israele tra circa un mese), altrimenti arriverà il
presidente del Senato Grasso.
L’arrivo a Gerusalemme di Barack
Obama e di tanti altri leader internazionali potrebbe avere riflessi
indiretti in diplomazia e creare qualche imbarazzo al premier israeliano
Netanyahu. Certo, stiamo parlando di funerali ma Obama, Abu Mazen (se
ci sarà) e altri presidenti e primi ministri enfatizzeranno la
disponibilità di Peres a raggiungere un accordo con i palestinesi,
finendo per contrapporre la linea dell’ex presidente a quella
dell’attuale primo ministro di Israele. «Shimon Peres era un caro amico
che non ha mai smesso di credere nella possibilità di arrivare alla
pace», ha commentato ieri Obama rendendo omaggio all’ex capo di stato
israeliano. «Ci sono poche persone – ha aggiunto il presidente americano
– con cui condividiamo questo mondo, che cambiano il corso della
storia…Shimon non ha mai smesso di credere nella pace tra israeliani,
palestinesi e vicini di Israele, neanche dopo la tragica notte di Tel
Aviv che portò via Yitzhak Rabin».
Parole di circostanza secondo
alcuni. Per altri invece inviano segnali a Netanyahu con il quale Obama
continua ad avere rapporti personali difficili, anche se
l’Amministrazione Usa ha regalato qualche giorno fa a Israele un piano
di aiuti militari per 38 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. I
funerali di domani perciò potrebbero rivelarsi, attraverso l’esaltazione
del “pacifista” Peres, una sorta di raduno informale sulla situazione
israelo-palestinese. Abu Mazen vuole esserci anche lui al “raduno della
pace”, dicono fonti di Ramallah, e ieri ha definito Peres «Un partner
coraggioso per la pace…(che) ha condotto sforzi sostenuti e ininterrotti
per arrivare agli accordi di Oslo e fino all’ultimo respiro».
Netanyahu,
che ugualmente ha avuto parole di elogio per Peres, del quale fu un
accanito avversario prima e dopo la firma degli accordi di Oslo, seguirà
con attenzione le dichiarazioni di Obama e degli altri leader che
prenderanno parte ai funerali. Sarà cauto e non è certo un caso che il
Comitato di pianificazione edilizia di Gerusalemme, che avrebbe dovuto
discutere ieri del progetto di costruzione di altre 76 unità abitative
nella colonia di Gilo, tra Gerusalemme e Betlemme, abbia deciso di
rinviare per la seconda volta la sua riunione per non creare, spiegava
l’edizione on line del quotidiano Yediot Ahronot, incidenti diplomatici.
A New York, la scorsa settimana, Obama prima di incontrare Netanyahu
aveva di nuovo criticato la colonizzazione dei territori palestinesi
occupati da Israele nel 1967.
Il quotidiano Haaretz qualche giorno
fa riferiva che l’ufficio di Netanyahu starebbe cercando di impedire un
colpo di coda di Obama prima del cambio della guardia alla Casa Bianca,
forse un ultimo discorso sul Medio Oriente con accuse dirette al
premier israeliano. «È improbabile che ciò accada» ci ha detto
l’analista Eytan Gilboa del centro “BeSa” di Studi Strategici di Tel
Aviv, «di regola un presidente americano uscente evita questo genere di
prese di posizione negli ultimi giorni del suo mandato, anche per non
creare difficoltà al suo successore». Allo stesso tempo, prevede Gilboa,
«i discorsi che Obama e altri leader pronunceranno (domani) in omaggio
della politica pacifista di Shimon Peres potrebbero contenere messaggi
rivolti a Netanyahu, non saranno pressioni ma segnali al primo
ministro».