il manifesto 27.9.16
Giro di vite di Al Sisi contro i migranti
Egitto. Più controlli e nuove norme per fermare le partenze. Il generale si prepara a soddisfare le richieste dell’Europa
di Leo Lancari
L’Europa
chiama e l’Egitto risponde. Sono passati solo tre giorni dal vertice di
Vienna di sabato scorso, quando la Germania e i paesi della rotta
balcanica hanno sollecitato l’Unione europea a realizzare anche con il
Cairo un accordo per fermare i migranti uguale a quello siglato con la
Turchia e ieri il generale Al Sisi ha risposto all’appello rivoltogli
dalla cancelliera Merkel. E il presidente egiziano lo ha fatto in due
modi: invitando i giovani egiziani a non lasciare il paese per cercare
futuro all’estero, ma anche facendo sapere che i lavori per
l’approvazione della nuova legge contro l’immigrazione illegale
procedono spediti, al punto che il testo potrebbe essere licenziato già
oggi dalle commissioni Affari costituzionali, Bilancio ed Esteri del
parlamento.
Annuncio che segue l’ordine di rafforzare i controlli
ai confini impartito mercoledì scorso da Al Sisi dopo il naufragio al
largo delle coste egiziane di un barcone con a bordo 500 migranti, una
tragedia che ha provocato finora 160 vittime.
Negli ultimi mesi
l’Egitto è diventato il secondo punto di partenza dopo la Libia per
quanti vogliono raggiungere l’Europa. Nella maggioranza dei casi si
tratta di africani ai quali – dopo la chiusura della rotta balcanica –
si sono aggiunti anche molti profughi siriani. Da tempo, però, sui
barconi che attraversano il Mediterraneo salgono anche molti egiziani,
soprattutto giovani, che non hanno altra alternativa che provare a
crearsi una nuova vita in Europa. E’ a loro che ieri si è rivolto Al
Sisi. «Perché dovete lasciare il vostro Paese?», ha chiesto il generale
in occasione della consegna di alcune unità abitative a Gheit el Enab.
Domanda retorica, la cui risposta è nella profonda crisi economica che
sta attraversando il paese a causa dell’inflazione e di una
disoccupazione che viaggia ormai sulle due cifre. Una realtà
ulteriormente aggravata dalla crisi del turismo, al punto da spingere
l’Egitto a contrattare con il Fondo monetario internazionale un prestito
di 12 miliardi di dollari.
Ora l’Europa è pronta a offrire ad Al
Sisi un altro miliardo di euro se in cambio il generale metterà fine
alle partenze dei migranti. Un accordo che ieri la Merkel, vera
promotrice di questa intesa come lo fu di quella con Ankara, vorrebbe
estendere anche alla Tunisia. E che, proprio come è successo a marzo con
Erdogan, ignora la sistematica violazione dei diritti umani presente in
Egitto. Le nuove norme anti immigrazione che potrebbero vedere la luce
nei prossimi giorni sono in linea con quanto richiesto all’Europa. 43
articoli in cui, dietro il solito impegno a combattere i trafficanti di
uomini, per i quali è previsto il carcere fino a 25 anni e sanzioni fino
a 56.300 dollari, si colpiscono anche i migranti sorpresi nel paese
senza documenti e i minori non accompagnati. E questo in un paese in cui
già oggi i migranti vengono trattati con estrema durezza. Come
dimostrano le fotografe di alcuni superstiti del naufragi i mercoledì
scorso ammanettati nel letto dell’ospedale in cui sono ricoverati, e
dalle quali non è possibile capire se si tratti o meno di presunti
scafisti.
Da mesi quanto avviene lungo le coste egiziani allarmale
intelligence occidentali, che già dai primi mesi di quest’anno avevano
lanciato l’allarme. I migranti vengono trasportati attraverso il paese
con dei camion fino alla costa dove vengono nascosti in attesa
dell’imbarco. Al contrario di quanto avviene in Libia, per attraversare
il Mediterraneo non vengono impiegati dei gommoni ma imbarcazioni molto
grandi, «navi madre» che attendono al largo i barchini con cui i
trafficanti di uomini trasportano centinaia di uomini, donne e bambini.
Carrette riempite ben oltre la loro capacità e che spesso, come dimostra
il naufragio di mercoledì scorso, non riescono nemmeno a tenere il
mare.
Dopo Erdogan, Al Sisi si candida quindi ad essere il nuovo
gendarme dell’Europa. Un ruolo che a quanto pare svolgerebbe anche con
il consenso italiano, nonostante la scarsa collaborazione dimostrata
dalle autorità del Cairo nelle indagini sull’assassinio di Giulio
Regeni.