il manifesto 25.9.16
Austria
Migranti, i duri dettano legge
Più controlli alle frontiere esterne, ma anche a quelle interne. L’Europa si chiude, la cancelliera Merkel si accoda
di Carlo Lania
L’accordo
sui migranti firmato a marzo con la Turchia funziona, ma non basta più.
Ne servono altri, uguali nei contenuti, da siglare con altri paesi di
origine o di transito dei migranti. A cominciare dall’Egitto, diventato
ormai il secondo paese dopo la Libia per il maggior numero di partenze.
Ma anche Mali, Niger, Senegal, Afghanistan e Pakistan con i quali
bisognerà trattare accordi per facilitare i rimpatri.
La proposta,
ma sembra più un ordine, è uscita ieri a Vienna al termine del
mini-vertice voluto dal cancelliere austriaco Christian Kern e al quale
hanno partecipato i capi di stato e di governo di Ungheria, Albania,
Bulgaria, Croazia, Macedonia, Serbia e Slovenia, più la cancelliera
Merkel e il premier greco Tsipras. In pratica tutti i paesi coinvolti
dalla vecchia rotta balcanica chiusa lo scorso mese di febbraio in un
vertice analogo tenuto sempre a Vienna (ma al quale non parteciparono
Merkel e Tsipras) e successivamente blindata proprio con l’accordo
siglato dall’Unione europea con Ankara. La paura che quel percorso –
lungo il quale nel 2015 è passato più di un milione di profughi diretti a
nord – possa oggi riaprirsi, magari sotto la spinta degli oltre 50 mila
profughi siriani rimasti bloccati in Grecia, ha convinto Kern a
convocare la riunione alla quale sono stati presenti anche il presidente
del consiglio europeo Donald Tusk e il commissario Ue all’Immigrazione
Dimitri Avramopoulos. Tusk, in particolare, ha dimostrato di aver ben
compreso il messaggio inviato ieri all’Europa. «Dobbiamo confermare
politicamente e nella pratica che la rotta dei Balcani occidentali per
la migrazione irregolare è chiusa per sempre», ha scandito alla fine del
vertice.
Toni radicalmente diversi rispetto a quelli utilizzati
meno di un anno fa dai leader dell’Unione. «Ce la faremo», diceva la
Merkel ai tedeschi invitandoli ad accettare la sfida dell’accoglienza,
mentre il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker attaccava i
paesi che si opponevano alle quote di migranti minacciando multe da 250
mila euro per ogni profugo rifiutato. Sono passati pochi mesi e la
musica è cambiata. «Vogliamo fermare l’immigrazione clandestina» ha
detto ieri la cancelliera, seppure aggiungendo che, certo, «non dobbiamo
sottrarci alle nostre responsabilità umanitarie». «Dobbiamo essere noi
quelli che decidono chi entra in Europa, e non le organizzazioni di
trafficanti», le ha fatto eco Kern.
Il progetto messo a punto ieri
prevede un ulteriore rafforzamento non solo delle frontiere esterne
dell’Unione, ma anche di quelle interne da mettere in atto grazie a un
rafforzamento di Frontex e all’impiego della Guardia costiera e di
frontiera europea, il cui debutto è previsto per il 6 ottobre al confine
tra Bulgaria e Turchia. Un intervento, quello della nuova forza
europea, previsto anche ai confini della Grecia con Macedonia e Albania e
che, se è vero quanto rivelato dal quotidiano tedesco Die Welt che cita
il direttore di Frontex Fabrice Leggeri, sarebbe stato richiesto
proprio da Atene.
Alcune delle proposte, come la necessità di
arrivare ad accordi con i paesi africani uguali a quello siglato con la
Turchia, faranno piacere a governo italiano che sollecita da tempo
migration compact che siano in grado di fermare le partenze dall’Africa
(obiettivo al quale, tra l’altro, Roma sta provvedendo da sola). Ma la
scelta di schierare le guardie di confine europee alle frontiere di
Bulgaria, Macedonia e Albania sembra tradire l’intenzione che non si
vogliano fermare solo i migranti economici, ma anche impedire nuovi
ingressi di profughi siriani. Scelte che sono altrettanti tentativi di
rispondere alle opinioni pubbliche nazionali sempre più attratte dai
movimenti populisti in crescita in Europa. In Austria, dove nei primi
sei mesi di quest’anno si sono avuti 24 assalti contro altrettanti
centri di accoglienza di migranti, il doppio rispetto a tutto il 2015,
il 4 dicembre si voterà di nuovo per l’elezione del presidente della
repubblica e il leader del’Fpo Norbert Hofer potrebbe essere il primo
capo di stato di estrema destra in Europa dal 1945. Mentre il 2 ottobre
in Ungheria un referendum metterà definitivamente la parole fine al
progetto di Juncker di distribuire i profughi in Europa. Naturalmente,
come direbbe la Merkel, senza dimenticare le nostre responsabilità
umanitarie.