Corriere 25.9.16
Usa, un leader e due esami in economia
di Alberto Alesina
Il
prossimo presidente degli Stati Uniti non dovrà affrontare una crisi
(come dovette fare Obama), ma due problemi di lungo periodo. Il primo è
l’enorme debito pubblico americano. Non è una emergenza perché i tassi
di interesse sono bassissimi e quindi il costo del debito non lievita,
ma senza una correzione del programma di Medicare (l’assistenza
sanitaria gratuita per gli anziani) il debito è destinato a esplodere.
Quando i tassi di interesse torneranno a livelli più normali, magari
anche solo fra un decennio, il costo del debito si impennerà con effetti
molto pesanti per i contribuenti. Il secondo ed ancora più difficile
problema (se davvero esiste) è quello che alcuni definiscono la secular
stagnation , cioè una crescita di lungo periodo inferiore al passato.
Ovvero,
invece di una media di crescita di circa il 3,5 per cento l’anno, come
da tradizione, si teme una media non superiore al 2 per parecchi anni
(ovviamente per noi il 2 per cento sarebbe un enorme successo, non una
stagnazione, ma questo è un altro discorso!).
Quali sarebbero le
cause di questa «stagnazione»? Secondo alcuni economisti il problema non
esiste perché la crescita della produttività, e quindi del Pil, è
sottostimata. E perché mai? L’economia americana è sempre più basata su
servizi e non su produzione di merci. Circa tre quarti del Pil americano
è nel settore servizi. È relativamente facile misurare la quantità di
prodotti industriali o agricoli.
M entre è semplice, per esempio,
stimare il numero di automobili, macchinari, quintali di grano o di
acciaio, è assai piu complicato misurare la produttività in settori come
la sanità, la finanza, sistemi informatici. Infatti, secondo molti
esperti, il modo in cui si stima la produttività in questo tipo di
settori è assai imperfetto. Per esempio, come valutare la migliore
qualità della vita di un ottantenne di oggi rispetto a quella di un
ottantenne di un decennio orsono, visti i progressi in campo medico?
Come valutare le migliori prestazioni di un iPhone 7 rispetto ad un
iPhone 6? Come valutare il miglior servizio di Uber che ha distrutto
(negli Usa, non da noi) il monopolio dei taxisti? Come valutare il fatto
che con un computer da duecento euro (o con un telefono da novanta
euro) ci compriamo anche un’enciclopedia gratis (Wikipedia), carte
geografiche di tutto il mondo, servizi bancari che fra poco faranno
sparire gli sportelli bancari come sono sparite le cabine telefoniche,
chiamate telefoniche e video conferenze gratis (Skype), tutte le
informazioni possibili ed immaginabili, tanto che molti non comprano piu
giornali e riviste cartacee? Più in generale l’aumento della qualità
dei prodotti è largamente sottovalutata, quindi siamo più ricchi in
termini di benessere reale di quanto dicano le statistiche del Pil.
C’è
chi invece è piu pessimista e pensa che la stagnazione ci sia, eccome.
Il motivo sarebbe che il progresso tecnologico è rallentato. Dopo lo
scatto derivante dalla rivoluzione informatica ci siamo fermati. Senza
nuove idee, senza un altro gruppo di ragazzi in un garage californiano
che si inventano qualcosa di straordinario non cresceremo più a tassi
così elevati come in passato. Se questo è vero, non è chiaro cosa la
politica economica possa fare se non garantire la concorrenza che
stimola l’innovazione, mantenere l’eccellenza delle università americane
e migliorare la scuola pubblica per attingere al maggior numero
possibile di talenti ovunque essi siano e, tra l’altro, aumentare la
mobilità sociale che negli Usa sta scendendo.
C’e poi chi pensa (e
questa mi pare la teoria più debole) che la stagnazione secolare derivi
da una mancanza di domanda aggregata e quindi la spesa pubblica
dovrebbe aumentare stabilmente per sostenerla. Io non conosco nessun
modello economico che predica che nel lungo periodo la crescita dipenda
dalla domanda. La teoria keynesiana suggerisce che nel breve periodo per
uscire da una recessione può servire uno stimolo di domanda pubblica.
Ma gli Usa non sono in recessione. Crescono intorno al 2 per cento, sono
in piena occupazione (anche se la partecipazione alla forza lavoro è un
po’ scesa); invece è la (misurata) produttività che pare sia ferma.
Quindi
non è problema ciclico di domanda ma di crescita pluridecennale. Alcune
opere infrastrutturali sono necessarie negli Usa. Chi vi è stato ha
visto autostrade e ponti fatiscenti e nel Nord-Est servizi ferroviari da
Terzo mondo. Ma queste opere (che faranno anche aumentare le imposte,
prima o poi) servono in primo luogo per migliorare la produttività, non
per sostenere la domanda aggregata in sé e per sé, domanda che poi
sarebbe ridotta dalle imposte. È anche vero che in questo momento con
tassi così bassi non costa molto per il governo indebitarsi a lungo
termine per investimenti pubblici. Ma allora, e qui si chiude il
cerchio, diventa ancora più necessario fermare le spese correnti, gli
entitlements , come li chiamano gli americani: in primo luogo, appunto,
Medicare.
Cosa farebbero i due candidati se eletti? Probabilmente
Hillary Clinton non un granché. Consigliata da economisti che credono
nella terza ipotesi di cui sopra, aumenterà la spesa pubblica e le tasse
per le classi medio alte, e passerà al prossimo presidente la patata
bollente del debito e della stagnazione. Cosa farebbe Donald Trump non è
chiaro a nessuno (nemmeno a lui stesso). Speriamo di non doverlo
imparare dai fatti.