il manifesto 25.9.16
Ungheria
Verso il referendum, la «Schengen 2» di Orbán
«Deportiamo i migranti su un'isola, sotto sorveglianza armata», la campagna xenofoba del premier in attesa del 2 ottobre
di Massimo Congiu
BUDAPEST
«Non corriamo rischi, votiamo no!», si legge su uno dei grandi
manifesti propagandistici a sfondo tricolore, che il governo ungherese
ha fatto affiggere in tutto il paese per sensibilizzare l’opinione
pubblica contro il sistema delle quote d’accoglienza obbligatorie voluto
dall’Ue.
L’esecutivo di Budapest rifiuta categoricamente questa
gestione del «problema migranti» considerandola un’opzione suicida che
incoraggerebbe l’immigrazione clandestina e l’attività dei trafficanti
di esseri umani. L’autunno scorso il partito governativo Fidesz ha dato
inizio a una raccolta di firme contro il sistema delle quote, raccolta
che continua tuttora a una settimana dall’apertura delle urne. Il primo
ministro Viktor Orbán sostiene da tempo che i flussi migratori diretti
verso l’Europa sono un fenomeno negativo da ogni punto di vista e ha più
volte affermato di non vedere di buon occhio il fatto che genti di
altra cultura e religione si mescolino agli ungheresi. «Siamo troppo
diversi» dice. A suo avviso questi movimenti mettono a repentaglio
l’esistenza stessa dell’Europa che rischia di essere fagocitata da un
Islam sempre più aggressivo.
Il governo ungherese è per una
gestione del problema basato sulla rigida sorveglianza dei confini. In
un’intervista rilasciata recentemente alla Cnn il ministro degli Esteri
Péter Szijjártó ha dichiarato che, paradossalmente l’Ungheria viene
giudicata proprio perché rispetta le regole comuni esistenti all’interno
dell’Ue. Il capo della diplomazia magiara ha più volte affermato che il
suo paese è l’unico a farlo veramente, tra tutti gli stati membri,
l’unico che si sia veramente posto il problema della difesa dei confini
di Schengen e quindi non solo dell’Ungheria ma di tutta l’Ue.
«Non
solo l’Ungheria ha eretto una barriera per fermare l’immigrazione
clandestina – ha precisato Szijjártó nel corso dell’intervista alla Cnn –
anche la Bulgaria, e la stessa Gran Bretagna ne costruisce una a
Calais, ma nessuno si preso la briga di condannare i governi di questi
due paesi».
In un’altra intervista, concessa al portale di
informazione Origo, il primo ministro Orbán avrebbe affermato che
occorrerebbe dare a militari e agenti armati il compito di rastrellare i
migranti in giro per l’Europa e deportarli in un’isola o sulle coste
dell’Africa settentrionale in campi profughi posti sotto sorveglianza
armata. I migranti potrebbero lasciare queste strutture solo quando sia
stato individuato il paese disposto a ospitarli. Il premier ha
battezzato questa proposta «Schengen 2». A suo avviso il programma
dovrebbe essere realizzato con i fondi dell’Ue, nel suo stesso
interesse. In pratica Orbán avrebbe tratto ispirazione da una pratica
adottata dalle autorità australiane in due isole della Micronesia e di
Papua Nuova Guinea e già proposta in Europa da Frauke Petry, leader,
insieme a Jörg Meuthen dell’AfD (Alternative für Deutschland, i
populisti di destra tedeschi).
Proposte estreme per strizzare
l’occhio all’elettorato radicale che vede nei migranti solo un pericolo.
La propaganda governativa continua in modo martellante man mano che ci
si avvicina al 2 ottobre, giorno del referendum voluto dall’esecutivo a
tutti i costi. Ai manifesti orbaniani, ben visibili nei centri
cittadini, rispondono quelli dell’opposizione di centro-sinistra, meno
numerosi e più decentrati. Vi sono ad esempio quelli di Coalizione
Democratica (Dk) che, con in primo piano l’ex primo ministro socialista e
leader del partito Ferenc Gyurcsány, invitano la gente a disertare le
urne: «Il 2 ottobre resta a casa, resta in Europa!». Presenti nelle
città, in numero considerevole, anche i manifestini del Partito
Ungherese del Cane a due Code (Mkkp), noto dal 2014 per il suo impegno a
parodiare l’élite politica nazionale e a denunciare la corruzione
esistente a livello di partiti, e intento oggi a convincere gli elettori
a invalidare la scheda.
L’opposizione e i settori progressisti
della società civile criticano la politica adottata dal governo sul
fronte migranti, definendola antieuropea e lontana da qualsiasi
principio di umanità e solidarietà. Particolarmente vivaci i membri dei
vari gruppi di attivisti antigovernativi.
Il quesito referendario
chiederà agli ungheresi se accettino il fatto che al paese venga imposto
di accogliere un certo numero di migranti contro il parere del
Parlamento nazionale. Nell’intervista alla Cnn Szijjártó si è detto
sicuro che prevarrà il no.
Secondo un recente sondaggio effettuato
da Republikon, il 48% degli aventi diritto sarebbe sicuro di andare a
votare, il 23% dice che probabilmente andrà alle urne. Il 73% voterebbe
no, il 4% voterebbe sì. La percentuale degli elettori decisi a
boicottare il voto sarebbe passata dal 17% al 21%.