il manifesto 20.9.16
La Corte si rimette al popolo
Italicum.
Rinviato il giudizio sulla legge elettorale. Il referendum deciderà
anche su questo. La maggioranza dei giudici costituzionali convince il
presidente Grossi alla retromarcia. L'inevitabile bocciatura sarebbe
stata un colpo troppo forte per il governo
di Andrea Fabozzi
ROMA
Meglio non decidere: la Corte costituzionale ha rinviato l’udienza del
4 ottobre sull’Italicum. Una mossa tutta politica, nascosta dietro la
volontà di non interferire con il calendario politico, e cioè con il
referendum costituzionale.
La data del referendum – 27 novembre o 4
dicembre – sarà finalmente comunicata dal governo lunedì. Ma a questo
punto il giudizio degli elettori sulla nuova costituzione dovrà
prescindere dal giudizio dei giudici sull’altra gamba delle riforme
renziane, la legge elettorale.
La prevedibile bocciatura alla
vigilia del voto sarebbe stata un colpo troppo pesante al governo, Renzi
sull’Italicum aveva messo la fiducia. Con buona pace dei teorici della
«riduzione del danno», secondo i quali un buffetto della Consulta
all’Italicum avrebbe chiarito agli elettori che la legge elettorale
andava cambiata e dunque aiutato Renzi nella caccia al Sì. Non sarebbe
stato e non poteva essere un buffetto, perché l’Italicum ha molti
difetti in comune con la vecchia legge elettorale, già abbattuta dai
giudici. Così è arrivato il rinvio.
Un rinvio leggibile politicamente, inconsueto dal punto di vista delle abitudini della Corte.
Arriva
infatti a sole due settimane da un’udienza più volte confermata. Di
fronte e ripetute pressioni, il presidente Paolo Grossi ha riunito ieri
il plenum e ha preso atto di una maggioranza favorevole al rinvio. Una
maggioranza esigua, ma battagliera, capitanata dai giudici Amato e
Barbera, quest’ultimo tra i più entusiasti delle riforme renziane.
La
Corte non ha motivato le ragioni del rinvio. Bisogna ricorrere alle
indiscrezioni, che non mancano. Come non mancherebbero gli appigli
formali per giustificare la decisione di aspettare il referendum
costituzionale.
Tutti però già ben presenti ad aprile, quando in
piena autonomia il presidente Grossi aveva fissato l’udienza
sull’Italicum al 4 ottobre. Renzi ha sempre temuto quel giudizio, tant’è
che prima dell’estate aveva anche ipotizzato di bruciarlo convocando il
referendum subito prima dell’udienza, il 2 ottobre. Ma i suoi piani
sono cambiati quando si è accorto di aver bisogno di tempo per risalire
nei sondaggi.
La Corte gli ha tolto il problema con la maggioranza
dei giudici che ha costretto il presidente alla retromarcia. La
tentazione era presente da tempo (il manifesto l’aveva raccontata oltre
un mese fa qui e qui) ma fino a ieri Grossi aveva resistito.
Aspettare
il referendum consentirà alla Corte di conoscere il quadro
istituzionale in cui eventualmente l’Italicum si applicherebbe, con una o
due camere elettive. E soprattutto il quadro politico, con Renzi
trionfatore o affondato.
La vittoria del Sì aprirebbe anche la
strada al ricorso diretto delle minoranze parlamentari sul complesso
della legge elettorale.
Si tratta di una misura immediatamente
operativa, per cui in caso di approvazione popolare della riforma si può
star certi che entro 10 giorni 158 deputati o 107 senatori chiederanno
il giudizio «preventivo» di legittimità sull’Italicum, e la Corte
dovrebbe esprimersi entro 30 giorni. E cioè entro il prossimo gennaio.
Il che significa che se vincerà il Sì la decisione di ieri più che un
rinvio è una rinuncia dei giudici costituzionali ad esprimersi sui punti
sollevati dai tribunali.
Alla Consulta sono arrivate tre
ordinanze di rinvio, due delle quali – Messina e Torino – erano iscritte
a ruolo per l’udienza del 4 ottobre, adesso rinviata. La terza,
Perugia, non ha fatto in tempo (è di undici giorni fa) e potrebbe essere
alla fine una delle ragioni formali dello slittamento. Solo formale,
dal momento che le questioni di costituzionalità sollevate dal giudice
di Perugia sono esattamente le stesse già sollevate dalla giudice di
Torino.
Ma altri tribunali (sono ancora 13 quelli che si sono
«riservati») potrebbero a questo punto aggiungersi. E nel frattempo
Renzi è riuscito a dare l’impressione di voler ridiscutere l’Italicum,
anche se non accadrà niente di concreto prima del referendum. Se non la
discussione cominciata ieri sulla mozione di Sinistra italiana, a questo
punto perfino utile al governo.