il manifesto 17.9.16
Islam, uno scisma proiettato sul presente
Saggi. «L’Islam degli sciiti» di Mohammad Ali Amir-Moezzi per le edizioni Dehoniane
di Ernesto Milanesi
Un
agile compendio dedicato ai 200 milioni di devoti sparsi dall’Iran
all’Azerbaigian, dal Libano fino al Bangladesh. E soprattutto
l’indispensabile vademecum per comprendere una fede assolutamente
alternativa all’eresia Daesh.
Mohammad Ali Amir-Moezzi, professore
di Esegesi e teologia dell’islam sciita all’Éecole pratique des Hautes
Études alla Sorbona, racconta la storia dell’altro islam insieme
all’identità di una minoranza spesso perseguitata. L’islam degli sciiti.
Dalla saggezza mistica alla tentazione politica (Edizioni Dehoniane,
pp. 88, euro 8) tradotto da Giovanni Cerro schiude una prospettiva
«ecumenica» a partire dall’assunto: «Lo sciismo è una imamologia
esattamente come il cristianesmo è una cristologia».
Lo «scisma»
risale al 632, quando Abû Bakr e ‘Umar scipparono ad Alî la naturale
guida della comunità alla morte di Maometto. E già qui scatta la
radicale alternativa al Califfato che culminerà nel massacro di Karbala
nel 680, quando all’iniziale «complotto» dinastico si aggiunge il
«tradimento» nei confronti dell’eredità del profeta di Allah.
Così
il «partito» si fa stato di fede fino a coltivarne l’occultamento con
il dodicesimo imam. Spiega Mohammad Ali Amir Moezzi: «Imam è una parola
che, nel mondo sciita, non rappresenta semplicemente gli esperti della
religione, bensì guide spirituali veneratissime. La specificità di
questa corrente sta proprio nella profonda devozione agli imam, che dà
forma alla teologia – lo sciismo è la religione della guida spirituale –
così come alle espressioni di fede popolare. Con tutte le forme di
venerazione a Muhammad, Fatima e Ali, ai loro figli Hasan e Husayn e a
tutti i discendenti».
Con la rivoluzione del 1979, gli sciiti sono
diventati sinonimo di seguaci di Khomeyni nella Repubblica degli
ayatollah che hanno sancito la religione di stato in Iran.
Tuttavia,
questo islam si rivela ben più complesso e ricco delle semplificazioni
geo-politiche anche di stretta attualità. È una visione duale del mondo,
della fede, della teofania: «Tutte le realtà, dalle più sacre alle più
banali, possiedono almeno due livelli: uno apparente (zâhir) e un
livello segreto, non manifesto (bâtin) che a sua volta può contenere
altri livelli ancora più segreti (bâtin al bâtin). Il livello nascosto,
esoterico di Dio, è il livello dell’inconoscibile, dell’assoluto
nascondimento divino».
Per gli sciiti il Corano è libro
silenzioso, guida muta perché spetta all’imam il ruolo di «Corano
parlante». Tant’è che ai «musulmani smarriti» fa da contraltare la
disciplina dell’arcano. «Iniziazione e lotta: tutto il destino storico
dello sciismo può essere considerato come una tensione tra queste due
costanti, poiché esso ritiene che la prima determini la spiritualità
dell’umanità e la seconda la sua storia. Il fedele sciita è
costantemente chiamato a tenersi in equilibrio al punto di intersezione
di questi due assi» conclude Mohammad Ali Amir Moezzi.
Islam,
dunque, con una secolare storia parallela. Dottrina «ermeneutica» e
insieme fede diversa. È la gente della walâya: «Il termine significa sia
prossimità, amicizia, amore e alleanza, sia potere, autorità o anche
carisma e santità. Nella sua accezione tecnica sciita il termine
possiede due significati principali: l’uno legato al fedele credente,
l’altro alla figura dell’imam».
Allora se a Teheran l’islam sciita
è approdato all’ideologia della guida suprema anche in termini
politici, resta il fatto che la «saggezza mistica» di questa fede non si
lascia liquidare tanto facilmente né confondere con le banali categorie
del dopo 11 settembre. Forse, occorre misurarsi laicamente con un mondo
tutt’altro che estraneo alle nostre stesse radici. A maggior ragione,
in tempi di «guerra di religione».
Tanto più che Mohammad Ali Amir
Moezzi ci aveva ammonito per tempo: «L’islam politico e radicale era
praticamente inesistente, qualche decennio fa. È divenuto il mostro
potente e onnipresente che sappiamo soprattutto dopo l’invasione
dell’Afghanistan e della Cecenia e quella americana dell’Iraq, con le
atrocità commesse da questi invasori sulle popolazioni locali».