il manifesto 10.9.16
Roberto Weber, di Ixè
M5S in calo, ma per i romani Raggi deve restare
intervista di Andrea Colombo
ROMA
Il colpo è arrivato ed è stato duro, anche se le profezie dei
sondaggisti divergono più che sensibilmente. C’è chi sottrae all’M5S
addirittura 4 punti percentuali e mezzo di consensi in seguito al
pasticcio romano (Swg), chi 3 (Tecné, Ipr), chi meno di 1 (Ixè), mentre
per Piepoli il fattaccio è stato quasi ininfluente. Ma alla domanda se
Virginia Raggi se ne debba andare solo il 20% dei romani risponde
affermativamente. Roberto Weber, di Ixè, fa un ragionamento più
sofisticato: più che al calo, secondo lui limitatissimo, guarda
all’espansione sin qui inarrestabile dei pentastellati e ritiene che la
figuraccia romana possa segnare il suo arresto.
Il day after in
Campidoglio non è ancora arrivato, essendo ancora in ballo poltrone
chiave. Ma la fase più tormentata della vicenda sembra essersi fermata e
a questo punto per i partiti rivali, soprattutto per il Pd, e per la
stampa nemica, di fatto quasi tutta, si tratta di rigirare il coltello
nella ferita aperta per impedire che si rimargini.
Il fuoco è
incrociato e ad alzo zero. Le accuse vanno dall’usare il no alle
Olimpiadi per mascherare le magagne romane, cavallo di battaglia di
numerosi esponenti del Pd anche se quel no dai vertici a 5 stelle era
stato detto ben prima che la terra tremasse sotto il Campidoglio, a
quella di farsi telecomandare da Grillo, brandito da Giachetti e con lui
da molti altri. Anche se la sindaca non ha obbedito all’ordine di
mandare via l’assessora all’Ambiente. Spunta anche una denuncia nuova,
il “sessismo” delle pentastellate che trattano le colleghe da “veline o
ancelle”: questa è dell’impareggiabile Maria Elena Boschi.
Il
pezzo forte arriva però con Roberto Saviano, che per motivi ancora non
ben chiari è stato promosso a guardiano e giudice supremo dell’etica
nazionale su ogni fronte. Il verdetto è durissimo: «I peggiori nemici
dell’M5S sono nell’M5S. La responsabilità che ha l’M5S è quella di aver
spinto nel precipizio più profondo anche l’ultima briciola di fiducia
che gli italiani gelosamente conservavano nella politica». Parole che
non sono state scritte con la deliberata intenzione di dare una mano al
Pd ma che inevitabilmente sono state accolte con giustificata gioia al
Nazareno.
E il Movimento sotto tiro, come reagisce?
In parte
denunciando la manovra collettiva ai suoi danni. «E’ stata usata Roma
come manganello contro di noi», si lamenta Di Maio. Ha ragione, ma non
può bastare a coprire errori reali. In parte rispondendo con batterie
quasi altrettanto nutrite che prendono di mira il fallimento delle
politiche economiche del governo: «Il Jobs Act è fallito e questa volta
ad ammetterlo è lo stesso Poletti, riconoscendo che il tasso di
disoccupazione è aumentato», tenta l’affondo lo stesso Di Maio, mentre
Grillo accorpa i due argomenti: «L’accanimento mediatico di giornali e
tg di regime contro l’M5S serve a coprire i dati economici di un Paese
che va a rotoli».
Nemmeno a lui si può dar torto. Il fallimento di
una politica economica che è costata miliardi, ha abbattuto i residui
diritti dei lavoratori e trasformato persino il lavoro a tempo
indeterminato in una forma di precariato dovrebbe pesare più degli
errori di una sindaca appena entrata in carica, alle prese con problemi
enormi e circondata da nemici.
In realtà, però, proprio questo è il punto debole dell’autodifesa dei 5S.
I
sondaggi dimostrano che gli italiani sono abbastanza smagati da
rendersi conto di quanto faziosa e ipocrita sia stata la campagna di
questi giorni. I romani a dare il benservito alla Raggi non ci pensano
per niente. Ma si rendono anche conto che l’inadeguatezza dimostrata a
Roma non è frutto solo delle bugie mediatiche e che il Movimento di
Grillo presenta davvero un fianco completamente scoperto da quel punto
di vista.
Il solo modo che l’M5S ha per uscire da questa vicenda è
dimostrare, già nei prossimi mesi e nei fatti, di aver superato quella
inadeguatezza.