domenica 25 settembre 2016

Corriere La Lettura 25.9.16
I luoghi comuni non mentono
di Anna Momigliano

Basta fare una ricerca alla voce «stereotipi» su Google per rendersi conto che il messaggio dominante è che le idee preconcette su alcuni gruppi di persone sono una tendenza umana da contrastare e, soprattutto, partono da assunti sbagliati.
Eppure, dati alla mano, alcuni stereotipi si rivelano corretti. Piangere è da femminucce? Statisticamente, le donne hanno una maggiore tendenza a versare lacrime (tra le 30 e 64 volte all’anno, contro una media maschile che oscilla tra 6 e 17, secondo uno studio olandese del 2015). Gli uomini sono più violenti delle donne? Nel Regno Unito il 90% dei condannati per omicidio sono maschi e il dato non scende di molto negli altri Paesi occidentali. Gli adolescenti sono irresponsabili? Non si contano le ricerche che confermano questa tendenza. «Dati piuttosto rigorosi confermano che le opinioni diffuse a proposito di gruppi di persone spesso corrispondono a ciò che è statisticamente più probabile per tali gruppi», ha scritto recentemente Lee Jussim, studioso di psicologia sociale all’università di Rutgers, New Jersey. In un controverso articolo sulla rivista «Aeon» accusava alcuni suoi colleghi, e in particolare i sociologi progressisti, di dare battaglia agli stereotipi senza avere alcun dato empirico per dimostrare che fossero sbagliati. Forse però la polemica è mal posta. Quello che Jussim sembra ignorare è che chi si batte in buona fede contro gli stereotipi, nel mondo accademico e all’infuori di esso, non lo fa perché nega la base statistica di certe opinioni, quanto le generalizzazioni che possono derivarne. Certo, le donne piangono più degli uomini, ma non significa che tutte abbiano il pianto facile, né è un buon motivo per condannare un uomo in lacrime. I dati possono anche dire che, in alcuni contesti, l’incidenza di comportamenti criminali è più alta in una data minoranza etnica: se però la polizia sospetta di un individuo per il colore della sua pelle, è evidente che lì c’è un problema di razzismo.