domenica 18 settembre 2016

Corriere La Lettura 18.9.16
Il pacifismo dimenticato
Estremo e militarista Il nuovo Giappone è pazzo per Godzilla
di Matteo Persivale

Al multisala Piccadilly di Shinjuku, Tokyo, a pochi passi dai grandi magazzini Isetan, la coda al botteghino — e davanti alle macchine dispensa-biglietti — è ordinatissima come ovunque in Giappone ma già molto lunga, e non sono ancora le 9 del mattino. Stessa scena — e stessa ora — al multisala Toho, sempre a Shinjuku, nel palazzo di vetro che ospita (dal 2015) al decimo piano anche una popolare, gigantesca testa di Godzilla che spaventa passanti e ospiti del vicino hotel. Proiezioni mattutine — dalle 9.30 a mezzanotte — in vari formati — tradizionale, Imax, ad altissima definizione — per far fronte alla domanda inaspettata da parte di un pubblico diverso da quello degli otaku , gli appassionati di film kaiju , di mostri. Le lunghe code in tutto il Giappone per vedere Shin Godzilla , film campione d’incasso (oltre 6 miliardi di yen, 52 milioni di euro, nei primi 38 giorni; nella foto un frame ) uscito senza particolari aspettative sono code di un pubblico generalista. Non soltanto di giovani e di fan dell’horror, perché la 29esima puntata della saga del mostro marino che distrugge Tokyo cominciata 62 anni fa è, stranamente, un caso anche politico.
Sono i giorni nei quali Tokyo fornisce cacciatorpediniere alle Filippine e partecipa sempre più spesso a esercitazioni con le forze malaysiane — come atto di contenimento anti-cinese — e il governo del primo ministro Shinzo Abe ha trovato nella neo-ministra della Difesa Tomomi Inada una sostenitrice delle idee più conservatrici dei «falchi» (negazionista dei crimini di guerra a Nanchino, fa sue le posizioni più intransigenti della lobby di destra Nippon Kaigi e pare lanciata alla successione di Abe) che vorrebbero archiviare la Costituzione post-bellica con il suo Dna pacifista (le forze armate si chiamano «Forze di autodifesa»). E Shin Godzilla parla, senza neppure troppa sottigliezza, a questo nuovo pubblico giapponese stanco del pacifismo a oltranza e ostile all’influenza americana. Godzilla era nato come incarnazione — e metafora — del ricordo ancora fresco (era il 1954) dell’incubo nucleare delle bombe di Hiroshima e Nagasaki, un mostro che nasce dalla terra — come i terremoti — per radere al suolo le città.
Nel nuovo Shin Godzilla invece gli eroi sono i militari, che progettano con attenzione la guerra al mostro, bloccano la pessima idea degli americani ritratti in modo un po’ macchiettistico — vorrebbero buttare bombe atomiche per uccidere Godzilla — per trovare miracolosamente la soluzione ( spoiler alert : il mostro finirà ibernato, con astuto stratagemma). Le armi sono quelle del kolossal, in tutti i sensi: parliamo del Godzilla più alto della storia (118,5 metri) con distacco (quelli «tradizionali» erano alti circa la metà), il film è firmato da due registi, il maestro degli effetti speciali Shinji Higuchi e il creatore di Neon Genesis Evangelion Hideaki Anno.
I produttori, furbamente, negano che ci sia un intento politico, semmai suggeriscono che l’ispirazione sia stata la tragedia di Fukushima (il mutante Godzilla lascia una scia radioattiva, come se non bastassero le onde anomale e la distruzione delle città) ma con altrettanta scaltrezza non spiegano il significato del titolo: Shin può significare «nuovo» ma anche «divino» o «autentico».
Così, con un imperatore deciso a fare un passo indietro per raggiunti limiti d’età — è il figlio dell’imperatore sconfitto durante la Seconda guerra mondiale che, pur con qualche ambiguità, rinunciò al suo status di divinità incarnata — e un governo sensibile alle istanze di chi vede il pacifismo giapponese come obsoleto, il militarismo di Shin Godzilla diventa un caso politico e mediatico: nei cinema vanno esauriti i numerosi articoli del merchandising del film, quasi tutti di un sapore militaresco insolito per il Giappone (zaini mimetici con bandiera del Sol Levante).
La ministra Inada fino all’anno scorso visitava regolarmente il mausoleo ai caduti di Yasukuni (onora anche 14 criminali di guerra tra cui Hideki Tojo, l’uomo che fece bombardare Pearl Harbor trascinando gli Stati Uniti in guerra), ma quest’anno ha evitato anche in vista della visita ufficiale a Washington. È chiaro che Shin Godzilla parla a un Giappone nuovo, meno timido, meno vittima di sensi di colpa (o meno sensibile al disonore, a seconda dei punti di vista).
Quando Inada, quattro anni fa, era responsabile dell’ufficio di promozione del «brand Giappone» non esitava a indossare costumi cosplay da manga: ora indossa quelli della paladina dei «falchi». Koichi Nakano, politologo, ha spiegato al «South China Morning Post» di Hong Kong che «la nomina di Inada legittima le critiche cinesi al Giappone, quando dicono che ci stiamo rimilitarizzando e vogliamo riportare indietro le lancette dell’orologio». Nessuno meglio della ministra che si vestiva da manga sa che la cultura popolare ha un enorme potere: il successo di Shin Godzilla e dei suoi eroici militari armati fino ai denti è, in un certo senso, anche un po’ suo.