Corriere La Lettura 18.9.16
Una donna per tutte le rivoluzioni
«La donna più pericolosa d’America»
Emma
Goldman fu appassionata in ogni aspetto della propria vita: dai
rapporti sentimentali alle battaglie politiche. Attraversò stagioni
storiche e continenti, senza rinnegare i propri «sogni infranti»
di Marcello Flores
Per
metà della sua vita Emma Goldman — alla quale è dedicato Emma la Rossa
del francese Max Leroy (1985), edito da Elèuthera — venne presa ad
esempio della passione rivoluzionaria, dell’integrità e del coraggio nel
combattere la società borghese, della coerenza di vivere liberamente la
propria esistenza; nella seconda metà venne criticata, accusata,
dimenticata da gran parte di coloro che l’avevano prima esaltata.
Nata
in Lituania nel 1869 in una povera famiglia ebrea, quando ha 12 anni e
viene assassinato lo zar Alessandro II si trasferisce a San Pietroburgo e
scopre il movimento populista, leggendo con avidità il romanzo che
porta alla militanza politica migliaia di studenti, Che fare? di Nikolaj
Cernyševskij. Qualche anno dopo emigra negli Stati Uniti presso una
sorella e inizia una vita di lavoro durissimo (cuce asole in una
manifattura, poi in altre fabbriche): il suo ingresso nella militanza
politica coincide con l’impiccagione degli anarchici condannati per la
bomba di Haymarket Square a Chicago (dove la polizia uccide una decina
di persone e ne ferisce molte di più), che sarà all’origine della festa
del Primo maggio. È il 1897: si reca a New York per conoscere Johann
Most, uno degli anarchici più famosi, che la introduce alla lettura di
testi politici e di romanzi, e la spinge a impegnarsi come oratrice
politica. Conosce Aleksandr Berkman, di qualche anno più giovane, che
per certi aspetti sarà l’uomo della sua vita, anche se si lega
contemporaneamente anche a un cugino di lui, pittore e artista, e allo
stesso Most.
Nel 1892 un grande sciopero dei lavoratori
dell’acciaio termina con l’uccisione di 16 persone da parte delle
guardie della Carnegie Steel: Berkman decide di vendicare la morte degli
scioperanti e spara al padrone, Henry Clay Frick, venendo
successivamente condannato a 16 anni. Emma intensifica il suo impegno
sindacale e politico e si lega all’anarchico irlandese Edward Brady,
viene arrestata a Filadelfia per incitazione alla sommossa e condannata a
un anno nel penitenziario di Blackwell Island, che chiamerà nella sua
autobiografia «una vera scuola di vita». Per tutti i giornali è «Emma la
Rossa», una pericolosa sovversiva che fa visita a Londra a Kropotkin,
si reca a Vienna e segue le lezioni di Freud, legge con avidità
Nietzsche, viene chiamata a guidare scioperi, si schiera con Zola in
difesa di Dreyfus, difende il giovane anarchico che ha ucciso
l’imperatrice Sissi considerando una vittima anche lui, ricorda di avere
conosciuto Bresci, l’uccisore di Umberto I, studia da infermiera e
ostetrica e si occupa di controllo delle nascite.
Tornata negli
Usa nel 1900, è incriminata perché il responsabile dell’uccisione del
presidente McKinley dichiara di avere imparato tutto da lei, anche se
nega ogni sua partecipazione all’attentato, ma viene scagionata pur
continuando a essere considerata una leader di quegli immigrati da ogni
parte d’Europa pronti a sovvertire la democrazia americana. Segue con
interesse la rivoluzione in Russia nel 1905 e l’anno dopo pubblica la
rivista «Mother Earth», che diventa un punto di riferimento del
movimento anarchico internazionale. Si innamora di un dottore che aiuta
vagabondi e disoccupati, girando tutto il Paese per conferenze e
manifestando per la prima volta una gelosia che va contro i suoi
principi: è l’occasione per scriverne e cercare di superare la sua
contraddizione. Ma si occupa anche di violenza politica, di
patriottismo, di emancipazione femminile (ma critica le suffragette), di
matrimonio e di teatro, la sua grande passione su cui scriverà ben due
libri.
Con lo scoppio della guerra si schiera col movimento
pacifista e litiga con Kropotkin che nel 1916 rigetta l’idea di una pace
immediata favorevole solo ai tedeschi. Quando gli Stati Uniti entrano
in guerra diventa l’anarchica più pericolosa del Paese e viene
arrestata, ma è al termine del conflitto — nel pieno di quella «paura
rossa» che attanaglia gli Usa dal 1917 al 1920 — che viene scarcerata e
subito dopo espulsa, deportata nel suo Paese di origine, la Russia dove
intanto ha trionfato la rivoluzione bolscevica.
È il febbraio 1920
quando Emma e Aleksandr Berkman (scarcerato nel 1906 e da allora
vittima di depressione e dolori) giungono a Pietrogrado, nel pieno del
comunismo di guerra e della guerra civile, oltre un anno dopo
l’introduzione del «terrore rosso», con cui Lenin cerca di zittire
chiunque critichi i bolscevichi.
Gli anarchici russi sono del
tutto contrari al regime bolscevico ma Goldman cerca di giustificare le
durezze della rivoluzione con le difficoltà della situazione, fiduciosa
che gli operai riprendano in mano le redini del potere. In realtà le
cose vanno in direzione opposta ma sarà solamente con la feroce
repressione della rivolta di Kronštadt nel marzo 1921 che Emma scriverà:
«Restare silenziosi in questo frangente è non solo impossibile ma
criminale». È proprio il carattere anarchico degli slogan dei marinai
della base navale — l’orgoglio della rivoluzione, come venivano chiamati
dal 1905 — a impensierire Lenin e Trockij, che decidono quello che
Victor Serge chiamerà un abominevole e insensato massacro, pur restando
ancora al loro fianco e criticando Goldman per essere rimasta accecata
dalla propria indignazione.
A fine anno Emma e Aleksandr fuggono
verso Berlino, con i «sogni infranti» e la «fede spezzata». Emma, come
del resto anche Berkman, lavora a un libro sulla rivoluzione in Russia,
che l’editore pubblicherà in due parti con il titolo La mia disillusione
nella Russia e La mia ulteriore disillusione nella Russia . Non può
restare in Germania e si reca a Parigi, difendendo l’idea di una
rivoluzione libertaria, che avvenga senza coercizione. La sua vita non
si ferma, anche se la sconfitta della rivoluzione russa è cocente e se
muoiono molti suoi vecchi compagni: Malatesta, Machno e Berkman, che si
uccide per liberarsi dai dolori che lo devastano: parteciperà poi alla
rivoluzione spagnola, ritrovando con gli anarchici di Barcellona
l’entusiasmo di decenni prima, ma dovrà nuovamente ricredersi dopo la
repressione di anarchici e trockisti da parte dei comunisti.
Emma
ripara in Canada, e tiene a Londra un ultimo comizio, dove attacca la
«democratica» Inghilterra per il modo in cui tratta i popoli
colonizzati. È il 1939 e dopo pochi mesi scoppia la seconda guerra
mondiale: il 14 maggio 1940 Emma muore all’età di settant’anni.