Corriere 9.9.16
Ascesa di «Dibba», la rockstar
Il grillino di lotta, dai toni decisi che gira in scooter per il No e sa scaldare le piazze
Tra la passione per il Che e le gaffe in politica estera
di Fabrizio Roncone
Arriva
per ultimo, tutto fresco, sbarbato, abbronzato, la camminata
ciondolante, piacionesca, e i basettoni, basettoni anni Settanta: il
casco in mano.
Ragazzi, guardatemi il casco.
Il casco del
tour Costituzione CoastToCoast (4141 chilometri in un mese, 28 comizi,
The Times : «Di Battista accolto come una rockstar»).
I cronisti
intorno. Lui, l’aria un po’ sprezzante, soffia una mezza frase. «Vi
risponderò quando chiederete alla ministra Boschi se fosse a conoscenza
che suo padre incontrava il massone Flavio Carboni…».
Si infila
dentro l’hotel Forum, va su. Lo aspettano Beppe Grillo e tutti gli
altri; Luigi Di Maio seduto in un angolo, pallido, stordito, dice che ha
l’influenza, occhiaie e sudore freddo come l’altra sera, sul palco di
Nettuno: dopo aver visto la folla ondeggiare eccitata — «Dibba! Dibba!
Dibba!» — e Di Battista in felpa movimentista arringare sicuro sotto lo
sguardo soddisfatto del capo, gli è toccato andare al microfono e
chiedere scusa, nel silenzio calato improvviso, per i tremendi pasticci
degli ultimi giorni. Qualcosa in più di un’umiliazione. Così ha pure
sbagliato due congiuntivi: «Come se presentassi 20 esposti contro Renzi,
lo iscrivessero al registro degli indagati, poi verrei in questa piazza
e urlerei Renzi è indagato…».
Sul web, le immagini: con Di Battista che si accorge dell’errore e mette su una smorfia eloquente.
I
due hanno sempre giocato partite diverse dentro il M5S: Di Maio in
ghingheri, perfettino, sorriso indecifrabile, modi che sarebbero
piaciuti molto al Berlusconi di venti anni fa, l’incarico di
vicepresidente della Camera, la non celata ambizione di poter correre,
un giorno, da candidato premier. Di Battista in eskimo nella parte del
grillino gruppettaro di vera lotta, i toni duri, alla tivù sempre in
polemica, molte certezze su tutto, una collezione di dichiarazioni a dir
poco avventate.
Il Foglio lo definisce «mitomane a 5 stelle». Il
New York Times lo inserisce tra i politici «ballisti» quando dal palco
del Circo Massimo afferma che «il 60% del territorio della Nigeria è
controllato da Boko Haram e il resto da Ebola». Non soddisfatto, Dibba
rilancia auspicando un dialogo con i jihadisti iracheni di Isis.
L’ambasciatore iracheno a Roma Saywan Barzani replica promettendogli un
visto per entrare nel Paese e andare a trattare con i tagliatori di
teste. Lui, allora, precisa: «Ma io non pensavo a Isis, pensavo ad
Hamas».
Ricorda Adriano Zaccagnini, ex grillino, ora deputato di
Sel: «Con Alessandro feci la campagna elettorale del 2013 e mi ci volle
poco per capire che aveva un solo obiettivo: essere eletto per diventare
famoso».
Tutto sommato, non ci ha messo molto. Alcuni cenni
biografici sono già piuttosto noti: catechista nella parrocchia di Santa
Chiara, in zona Vigna Stelluti, dove nasce da famiglia benestante.
Molto legato alla madre e alla sorella Titti, insegnante di educazione
fisica; rapporto un po’ complesso con il padre, piccolo imprenditore
ramo sanitari che ad un raduno M5S afferma: «Io di destra? No, di destra
proprio no. Sono fascista. È un’altra cosa». A casa, entrando, su una
consolle, il busto di Mussolini.
A 25 anni — adesso Di Battista ne
ha 38 — uno zio che gestisce un’associazione di volontariato lo strappa
alla carriera di animatore nei villaggi turistici e lo spedisce per un
anno in Sudamerica. Guatemala, Colombia, Bolivia. La suggestione di
Ernesto Guevara de la Serna detto il Che. Si appassiona al mito. Legge
qualche libro. Poi va al cinema e vede I diari della motocicletta , un
film del 2004 diretto da Walter Salles e ispirato all’avventuroso
viaggio per attraversare l’America Latina intrapreso nel dicembre del
1951 da Guevara e dal suo amico Alberto Granado, in sella a una
sgangherata e rombante motocicletta, pomposamente battezzata «Poderosa».
Il problema di Di Battista, ormai diventato deputato, è che ha la patente per guidare solo gli scooter.
Decide che può bastare.
Così s’inventa il suo tour contro la riforma della Costituzione.
Parte
il 7 agosto, da Orbetello. Subito, la prima notte, posta una foto di
lui a letto che legge: tipo insomma la famosa immagine del Che che legge
Goethe. Poi cede all’egocentrismo: e posta la foto di quando fa
flessioni appoggiato ad un guard-rail. Ovunque lo aspettano a centinaia.
Il sindaco di Jesolo osa negargli la piazza e riceve minacce sul web:
«Andresti ucciso a colpi di lupara».
La chiusura del tour, a Nettuno. Dentro polemiche roventi per il caso Raggi.
Ecco,
appunto. Sulla sua pagina Facebook (efficiente come nemmeno quella di
Gianni Morandi) Elena Fanti gli scrive: «Dibba, ma perché non ti sei
candidato tu a sindaco di Roma?».
Buona domanda.