Corriere 6.9.16
L’Istat avverte: la crescita si è interrotta
Nei primi sette mesi 10 miliardi di entrate tributarie in più, ma la manovra di bilancio per il 2017 si complica
di Mario Sensini
ROMA
Rallentata già prima dell’estate, l’economia italiana ora è ferma, ed
il peggio è che verosimilmente la sua debolezza proseguirà anche in
autunno. Le speranze di registrare quest’anno un aumento del prodotto
interno lordo dell’1% si assottigliano sempre di più, l’obiettivo
cruciale di una riduzione del debito pubblico già quest’anno diventa più
a rischio, e si complica non poco anche la manovra di bilancio per il
2017, che il governo dovrà presentare nel giro di un mese e mezzo.
A
certificare lo stop dell’economia è l’Istat nella sua nota
congiunturale mensile. «L’economia italiana ha interrotto la fase di
crescita, condizionata dal lato della domanda dal contributo negativo
della componente interna e dal lato dell’offerta dalla caduta produttiva
nel settore industriale». La domanda interna sembra aver esaurito la
sua debole spinta, gli investimenti sono fermi, come i consumi delle
famiglie, mentre nel comparto produttivo si registra una caduta del
valore aggiunto. Per di più, peggiora il clima di fiducia sia tra le
imprese, sceso sotto quota 100 per la prima volta dal febbraio 2015, che
tra i consumatori, dove è diminuita di ben 9 punti da gennaio a oggi.
Anche l’occupazione, a luglio, ha segnato una battuta d’arresto dopo
quattro mesi di crescita. «L’indicatore anticipatore dell’economia —
conclude l’Istat — rimane negativo a luglio suggerendo per i prossimi
mesi un proseguimento della fase di debolezza dell’economia italiana».
L’impatto
della crescita minore del previsto (il governo contava per quest’anno
su un aumento del Pil dell’1%) potrebbe avere conseguenze sia sui conti
di quest’anno, che del prossimo. L’obiettivo di invertire la tendenza
del rapporto tra il debito e il Pil, che nel 2016 dovrebbe diminuire dal
132,6 al 132,4%, considerato cruciale anche dalla Ue, diventa più
difficile da raggiungere, anche se il ministro dell’Economia, Pier Carlo
Padoan, ha ribadito l’impegno nel fine settimana.
Oltre che dal
Pil fermo, la riduzione del debito è ostacolata dall’inflazione, finora
negativa, e per la quale l’Istat non prevede «recuperi significativi»
nei prossimi mesi. Gioca in senso favorevole, invece, la crescita
consistente delle entrate fiscali, che potrebbe contribuire a mantenere
il deficit sotto controllo. Nei primi sette mesi le entrate tributarie
sono salite di quasi 10 miliardi rispetto all’anno scorso. In assoluto
l’incremento è stato del 3,8%, cioè di 8,9 miliardi di euro, ma su base
omogenea (per le diverse modalità di versamento del canone Rai e delle
imposte di bollo) l’aumento sarebbe del 5,1%. Il gettito Irpef è
cresciuto di 3,6 miliardi, quello dell’Iva di 4,4 (+7,6%).
Per il
2017 al governo servono circa 25 miliardi per eliminare l’Iva, per le
pensioni, gli incentivi all’industria, il piano contro la povertà, gli
investimenti, il sostegno all’occupazione. La copertura verrà garantita
dalla spending review, da una nuova Voluntary disclosure e dall’aumento
del deficit che si fermerà oltre l’1,8% concordato a suo tempo con la
Ue.