lunedì 5 settembre 2016

Corriere 5.9.16
l’italicum non va bene ma il ballottaggio sì
di Gianfranco Pasquino


Se ne sono accorti quasi tutti, anche coloro che si erano intestarditi a scriverlo così: l’Italicum non è la migliore delle leggi elettorali possibili. Forse, non è neppure una legge elettorale passabile. Delle clausole più discutibili e controverse dell’Italicum deciderà la Corte Costituzionale, sembra il 4 ottobre. Presumo che non lascerà passare né le candidature multiple né i capilista bloccati. Sono entrambe componenti deplorevoli ereditate dal Porcellum che riducono grandemente la libertà di scelta del-l’elettore. Il vero punctum dolens , però, soprattutto da quando si profila una possibile vittoria del Movimento Cinque Stelle, è costituito dal ballottaggio, vera innovazione rispetto al Porcellum, fra le due liste più votate al primo turno qualora nessuna raggiunga, allo stato della distribuzione dei voti, esito altamente improbabile, il 40 per cento. Ed è proprio il meccanismo del ballottaggio che molti, nel Pd e nei suoi dintorni, vorrebbero eliminare.
Dissento fortemente per due ottime ragioni. La prima è che le leggi elettorali non si cambiano e, naturalmente, neppure si scrivono, con riferimento alle contingenze, in base a calcoli particolaristici e opportunistici, inevitabilmente caduchi quali piume al vento. La seconda ragione attiene più specificamente ai pregi del ballottaggio. Qui non interessa sapere quanto grande o quanto moderato sarà il premio in seggi che andrà a chi vince. Conta, invece, che il ballottaggio conferisce grande potere agli elettori. Saranno, infatti, proprio loro a stabilire con il voto a chi vogliono affidare il compito di governarli. Lo faranno dopo una campagna elettorale non soltanto al primo turno, ma soprattutto nell’intervallo fra il primo turno e il ballottaggio, nella quale i candidati e i dirigenti dei partiti, a cominciare dai loro segretari, avranno spiegato i programmi, indicato le priorità, proposto le soluzioni, precisato i costi e, utilmente, a mio parere, rivelato anche i nomi dei probabili ministri.
Se fosse eliminato l’assurdo divieto di fare «apparentamenti», vale a dire di associarsi ad uno o all’altro dei duellanti, coloro fra i partiti e le liste che vogliono appoggiare l’uno o l’altro dovrebbero anche dire per quali ragioni lo fanno e gli operatori dei mass media dovrebbero insistere a chiederlo, esplorando tutti i particolari del caso. Il ballottaggio che, fra l’altro, gli elettori italiani conoscono e apprezzano per le opportunità che offre loro nell’elezione dei sindaci, avrebbe effetti positivi sull’informazione, sulla necessità di costruzione del programma, sulla trasparenza e anche sulla mitica accountability , la responsabilizzazione, fenomeno chiave delle democrazie meglio funzionanti. Coloro che assumono cariche di governo si sentiranno obbligati a rendere conto agli elettori e all’opinione pubblica di quello che hanno promesso e anche delle persone che hanno scelto per formulare le soluzioni e attuare le priorità.
Soprattutto, gli elettori non saranno semplici spettatori. Dovranno a loro volta accettare la responsabilità di avere scelto una squadra piuttosto che un’altra. Sapranno di dover valutare il fatto, il non fatto e il malfatto per non commettere errori politici gravi la volta successiva quando il mutamento nell’opzione di voto anche di pochi di loro produrrà l’alternanza al governo, altro fenomeno chiave delle e nelle democrazie. In assenza di ballottaggio, tutto questo diventa molto più difficile, sostanzialmente improbabile. Se fosse soppresso il ballottaggio non soltanto l’Italicum risulterebbe «evirato», ma gli elettori vedrebbero svanire il concretissimo potere di scegliersi il governo e, certamente, crescerebbe la loro insoddisfazione politica.