giovedì 29 settembre 2016

Corriere 29.9.16
«Io, donna di scienza, lascio l’Aula Devo rispetto al tempo che mi resta»
Ilaria Capua, dopo le accuse e il proscioglimento, spiega le sue dimissioni dalla Camera
Le sue parole

La Camera ha accettato le dimissioni della deputata di Scelta civica e virologa Ilaria Capua. La sua decisione arriva dopo che è stata prosciolta dell’accusa di associazione a delinquere finalizzata a corruzione e traffico di virus. Qui le sue parole

Rassegno le mie dimissioni da Deputato della Repubblica italiana. È stata una decisione sofferta e ponderata, che ho maturato nel tempo e che si è articolata intorno alla parola «rispetto». Quando sono entrata alla camera dei Deputati ero una scienziata conosciuta e stimata per gli studi che avevo svolto in virologia, ero piena di buoni propositi e assolutamente determinata a sollecitare quei cambiamenti nel mondo della ricerca di cui l’Italia ha un disperato bisogno. Dopo circa un anno dalla mia elezione sono stata travolta da una indagine giudiziaria risalente agli anni duemila (1999-2007) che mi accusava di reati gravissimi, uno dei quali punibile con l’ergastolo.
È stato per me un incubo senza confini e una violenza che non solo mi ha segnata per sempre, ma che ha coinvolto e stravolto anche la mia famiglia. L’effetto più devastante che queste accuse hanno avuto sul mio ruolo di parlamentare, è stato quello di aver minato la mia credibilità, ed è proprio in questo particolare della vicenda che entra in gioco la parola rispetto.
Un parlamentare che non è credibile non è in grado di portare avanti con forza le istanze nelle quali crede. Nell’affrontare ogni giorno in questa Camera la mia nuova condizione di «persona non credibile», e oltretutto accusata di crimini gravissimi, ho vissuto sulla mia pelle per oltre due anni come la mancanza di credibilità non mi stesse permettendo di portare avanti quello per cui mi ero impegnata con i miei elettori. E qui torno alla parola rispetto — perché è proprio la combinazione del rispetto per i miei elettori ed il rispetto per me stessa che — come se fossero parte di un algoritmo — mi ha fatto comprendere che in quelle condizioni non stavo utilizzando al meglio il tempo che avevo a disposizione.
Sì, perché non ci piace pensarlo, ma ognuno di noi ha un tempo limitato che gli resta da vivere — e utilizzare al meglio quel tempo è una forma di rispetto verso se stessi e verso gli altri. Anzi un dovere. Ho sentito quindi, che fosse giunto il momento di tornare a usare il mio tempo al meglio, di tornare nel mondo scientifico, purtroppo non in quello italiano, in un ambiente nel quale non avessi mai perso la credibilità e nel quale fossi riconosciuta e apprezzata. Ho accettato, su richiesta di una organizzazione internazionale, un incarico di Direttore di un Centro di Eccellenza all’Università della Florida.
Ho deciso di trasferire la mia famiglia negli Stati Uniti per proteggerla dalle accuse senza senso ma nel contempo infamanti che mi portavo sulle spalle. Perché una mamma e una moglie deve farsi carico anche di questo. Proteggere. E aggiungo, una donna di scienza sulla quale questo Paese e l’Europa hanno investito ha il dovere di non fermarsi. Ha il dovere di continuare a condurre le proprie ricerche nonostante tutto, perché la scienza è di tutti ed è strumento essenziale per il progresso.
Venti giorni dopo il trasferimento negli Stati Uniti la Procura di Verona in sede di udienza preliminare ha smontato il castello accusatorio pezzo per pezzo, prosciogliendomi dai molteplici capi d’accusa perché «il fatto non sussiste».
Ora che è finita potrei tornare indietro, ma vi dico la verità, non me la sento. Devo recuperare forze, lucidità e serenità, devo lenire la sofferenza che è stata provocata a mia figlia e a mio marito. Devo recuperare soprattutto fiducia in me stessa, appunto perché voglio usare al meglio il tempo che ho a disposizione.
Paradossalmente, penso che se questo mio passaggio di vita come rappresentante del popolo italiano lascerà un segno, non riguarderà la scienza o la ricerca. Riguarderà la giustizia. Ora, infatti, le questioni che più mi stanno a cuore sono due, e non più una sola. Torno al mio posto, a fare quello che so fare meglio, all’estero, ma sempre con lo sguardo rivolto verso l’Italia .