martedì 27 settembre 2016

Corriere 27.9.16
Dissidenza cubana, strategia di Barack Obama
risponde Sergio Romano

Il dissidente cubano Guillermo «Coco» Fariñas è da settimane in sciopero della fame e della sete. Protesta contro la violenza della polizia politica e la mancanza di libertà a Cuba. Le sue condizioni molto gravi. L’evento però viene quasi del tutto ignorato dai grandi media italiani. Non so se per disinteresse per le questioni cubane o se perché Fariñas viene visto secondo il filtro della propaganda castrista, che lo dipinge come uno squilibrato foraggiato dagli Stati Uniti per nuocere all’immagine del regime. Certo è che al conformismo, cui oramai sono abituati i grandi giornali, piace ancora credere alla «favola bella» della svolta democratica impressa a Cuba da Obama. Ma un uomo che mortifica a tal punto il proprio corpo, non meriterebbe, se non gli si vuol esprimere solidarietà e rispetto, almeno che la sua storia venisse raccontata? Salviamo il diritto alla conoscenza. Siamo in Italia, non a Cuba.
Domenico Vecchioni Roma

Caro Vecchioni,
Insieme a Yoani Sanchez, una blogger vivace e coraggiosa che critica il regime dalle colonne informatiche di «Generacion Y», Guillermo Fariñas è una delle personalità più note della dissidenza cubana. Ha fatto 23 scioperi della fame, è stato ripetutamente arrestato dalla polizia politica, ha ricevuto il premo Sakharov nel 2010 dal Parlamento europeo e ha avuto più recentemente l’omaggio di una conversazione telefonica con il presidente degli Stati Uniti. Come Sanchez, Fariñas appartiene alla categoria dei ribelli solitari e spavaldi che non esitano a sfidare il potere e sono spesso il più imbarazzante nemico dei regimi fortemente autoritari.
Non credo tuttavia che Barack Obama, quando cambiò la politica degli Stati Uniti verso l’isola, credesse alla «favola bella» di una rapida svolta democratica. Sapeva che stava negoziando con i Castro, vale a dire con chi aveva un interesse vitale a conservare il potere e a controllare la transizione. Sapeva che in ogni sistema dittatoriale esistono alcune decine di migliaia di aparatciki che sono bene installati nelle grandi macchine dello Stato (ministeri, polizia, forze armate, magistratura, industria di Stato) e non intendono rinunciare ai benefici conquistati al servizio del tiranno. E sapeva infine che i due mezzi utilizzati per colpire il regime erano egualmente falliti. Era fallito il tentativo di sovvertirlo con la spedizione militare della Baia dei porci nell’aprile 1961. Era fallito il tentativo di piegarlo con l’embargo.
Dopo questa duplice constatazione, Barack Obama ha deciso di percorrere una strada più lunga. Insieme alle prudenti riforme economiche decise dal regime, la ripresa dei contatti umani con la diaspora cubana in Florida e una maggiore apertura a influenze esterne, apriranno spazi di libertà che i cubani, verosimilmente, cercheranno di allargare. L’anagrafe, nel frattempo, farà la sua parte. Quando i due Castro si congederanno dal mondo e avranno portato con sé il carisma della rivoluzione, le sorti del Paese dipenderanno da una nuova generazione, molto meno isolata e introversa di quelle che l’hanno preceduta.