Corriere 27.9.16
Calvi: i tempi dilatati e la scheda a favore del Sì sono spie di debolezza
«Il nuovo Senato è un mostro istituzionale»
di Daria Gorodisky
ROMA
«Finalmente si è decisa la data del referendum. Si era partiti con
ottobre e siamo arrivati a dicembre. Evidentemente è stato necessario
guadagnare tempo per provare a recuperare una situazione non favorevole
alla presidenza del Consiglio».
Guido Calvi, avvocato, giurista,
docente universitario, è stato in Parlamento dal 1996 al 2008 come
rappresentante Pds, Ds e Pd; dal 2010 al 2014 è stato componente non
togato del Csm. E il 5 settembre Massimo D’Alema lo ha chiamato a
presiedere il Comitato per il No alla riforma costituzionale.
Vede
qualche connessione fra il balletto per la data della consultazione e
la decisione della Corte Costituzionale di rinviare l’udienza sulla
legittimità dell’Italicum, che era prevista per il 4 ottobre?
«La
decisione della Consulta è stata assolutamente corretta, saggia e
apprezzabile: stabilisce un rapporto diretto fra revisione
costituzionale e modifica della legge elettorale. Il che era evidente,
anche se qualcuno voleva tenere divise le due cose. Anzi, la riforma del
sistema di voto è un’aggravante di quella della Carta».
In che senso?
«Con
la presunta cancellazione del Senato, l’unica Camera abilitata a dare
fiducia al governo avrebbe un premio di maggioranza sproporzionato
rispetto a quanto otterrebbe in un possibile ballottaggio. Con il 20%
dei consensi, si prenderebbe il 54% dei deputati. Neppure la legge
“truffa” di De Gasperi si era spinta a tanto: assegnava un premio
soltanto a chi superava il 50% dei voti».
La data c’è, ma resta
sotto tiro il quesito che i cittadini troveranno sulla scheda: una
formula differente da tutte le precedenti. Per il senatore di Gal
Gaetano Quagliariello è «da regime sudamericano».
«Non mi
piacciono le asserzioni eccessive. Certo, credo che il testo sia
profondamente segnato da un favore al Sì. Ma sono piccole spie di
debolezza e difficoltà del fronte del Sì: se fossero sicuri di vincere
non ne avrebbero bisogno. E, comunque, la formulazione non avrà
influenza, perché chi andrà alle urne saprà già come votare».
Lei
ha dichiarato di voler restare fuori dalle beghe del Pd. La sua
«investitura» da parte di D’Alema non significa appartenenza a un’area?
«So
che esiste un risvolto politico, ma saranno i politici a fare le loro
battaglie. Il mio modello è il manifesto dei 56 costituzionalisti
italiani che esprimono riserve equilibrate e molto serie a questa
revisione costituzionale. Perché il Senato potrebbe bloccare il
meccanismo legislativo, servirebbero 8 procedimenti per una legge e si
aprirebbe la via a continui ricorsi. Il “nuovo” Senato sarebbe un mostro
istituzionale formato da consiglieri regionali, sindaci ed ex senatori a
vita. Non si sa su che dovrebbe decidere, ma certamente non su problemi
del territorio, visto che non avrebbe competenza nella valutazione del
Bilancio. Inoltre, una Camera, un solo partito di maggioranza, una sola
maggioranza e un solo leader non sarebbero un bene per la nostra
democrazia».