lunedì 26 settembre 2016

Corriere 26.9.16
Raggi vede Grillo e poi la base M5S «Non mollo. Sulla giunta decide Roma»
Alla kermesse di Palermo dai militanti spinte e insulti ai giornalisti. Poi i parlamentari si scusano
di Al. T.

PALERMO «Non me lo sarei perso per nulla al mondo», dice Virginia Raggi, che dopo il forfait di sabato, stavolta dà l’idea di godersela. Fa un tour trionfale del pratone del Foro Italico e nell’abbraccio dei militanti, che l’acclamano e insultano i giornalisti, trova la forza e lo spazio per ballare e poi approdare sul palco per dire: «Non mollo». Non molla, s’intende, di fronte alle polemiche e alle tensioni, anche interne. Le stesse che assediano il Movimento, dopo la svolta che ha inaugurato il «tridente» Casaleggio-Di Maio-Di Battista. E che vedono una rivolta di alcuni dirigenti verso il nuovo che avanza nel Movimento.
Si chiude il sipario sulla due giorni di Palermo, con un Beppe Grillo tornato «a tempo pieno» e più che mai in forma: fa il gesto dell’ombrello alle telecamere Rai e definisce «infami» i giornalisti. Non proprio un gesto di scusa per i cronisti appena presi di mira al grido di «lecchini», «venduti», «fate schifo». Il tutto condito con spintoni e accerchiamento con «processo» a un cameraman Rai. I gruppi parlamentari dei 5 Stelle si scusano e con più forza ancora Roberto Fico. Ma il clima è quello e ne fanno le spese tutti, anche quelli che, come ha spiegato lo stesso Fico, «sono proni ai 5 Stelle».
La Raggi — che, dopo un incontro con Grillo e Casaleggio, alla fine incassa i loro complimenti — precisa: sulla giunta decidiamo a Roma. Poi, sul palco gioca al «noi» e «loro»: «Loro ci dipingono come una squadra divisa», «noi facciamo paura e ci prenderemo l’Italia». Attacca Renzi che «non ha rottamato nessuno» (cori: «Renzi fuori dallo Stato»). E spiega, non è la prima volta, che viene presa in giro per le «orecchie a sventola».
Quanto alla politica, il fondatore torna a fare più parti in commedia: l’istrione, il motivatore, il paciere, il garante e il capo politico. Un gradino più sotto, l’«elevato», come ieri si è definito, mette Di Maio e Di Battista, intervistati in diretta sul pratone da Lucia Annunziata. Il vicepresidente della Camera annuncia: «Se vinceremo con il proporzionale non faremo coalizioni precostituite ma chiederemo la fiducia sui temi». Ma è sui ruoli che si discute. Entrambi provano a schermirsi. Di Battista: «Questa logica che io e Di Maio dovremmo essere la futura classe dirigente è una falsità». Di Maio: «Non è l’essere volti tv che ci fa avere ruoli».
Ma la rivolta dei dirigenti è già partita. Carlo Sibilia spiega che i due sono solo «testimonial». Carla Ruocco si dice «sicura», che Di Maio e Di Battista «non giocheranno una partita personale». Nicola Morra ricorda che «Gianroberto voleva un M5S senza leader» e accusa: «È un problema se qualcuno va in tv e poi fa stupidaggini di cui si deve poi scusare». Finisce con Vito Crimi che parla di «una riforma fatta dalla P2» e con Paola Taverna: «Vengo da un quartiere difficile ma in Senato ho conosciuto i mafiosi».