Corriere 26.9.16
«Difendo la terra dell’Honduras come mia madre, uccisa per questo»
Parla la figlia 26enne di Bertha Cáceres, l’ambientalista assassinata sei mesi fa
intervista di Marta Serafini
«Combatto
e combatterò ancora, nel nome di mia madre». Bertha Isabel Zúniga
Cáceres, 26 anni compiuti in questi giorni, appartiene a una famiglia di
luchadores . Donne che lottano per salvaguardare la loro terra,
l’Honduras, e le sue risorse naturali.
Non è passato molto tempo
da quando Bertha Isabel andava in manifestazione sulle spalle di sua
madre, nel 1992. Erano gli anni in cui nasceva il Consiglio nazionale
delle Organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh), di cui
Bertha, la madre, sarà anima per tutta la sua vita. Bertha tiene comizi,
si batte per la salvaguardia dei diritti del popolo lenca, minacciato
dalle opere delle multinazionali e vessato per anni dagli squadroni
della morte. Trova anche il tempo di fare quattro figli, tre femmine e
un maschio. «Ci ha cresciuti insegnandoci che l’acqua e la terra sono un
bene comune e che vanno difese per garantire la sopravvivenza del
popolo», racconta al Corriere la sua secondogenita che sabato e domenica
1 e 2 ottobre sarà ospite del Festival di Internazionale a Ferrara.
«Era
come una sorella, parlavamo davvero di tutto, anche delle cose che a
una madre non diresti mai». Oggi mama Bertha — in famiglia le donne
portano tutte questo nome — la guardiana del Rio, non c’è più. Nella
notte tra il 2 e il 3 marzo 2016 le hanno sparato otto colpi nel suo
appartamento a Esperanza, a 200 chilometri dalla capitale Tegucigalpa.
«Era nel mirino da tempo, il suo impegno politico l’aveva fatta
diventare scomoda». Il nome di Bertha entra nella lista nera nel 2013,
dopo che inizia a opporsi alla Diga Agua Zarca, progetto dell’impresa
Desarollo energetico S. A. (DESA) e della cinese Sinohydro in
costruzione sul rio Gualcarque, considerato sacro dai lenca. Nel 2015
aveva vinto il Goldman Prize, il Nobel alternativo per l’ambiente. Aveva
mostrato ai giornalisti i messaggi con cui Bustillo, capo della
sicurezza del progetto idroelettrico, la minacciava di stupro.
«Pensavamo che questo bastasse a metterla a riparo», sottolinea sua
figlia.
Dal 2009, anno del colpo di Stato in Honduras che rovescia
il presidente Manuel Zelaya, le multinazionali, favorite dalle
privatizzazioni delle risorse idriche e minerarie, acquisiscono sempre
più potere nel Paese. E la vita degli attivisti si fa davvero dura.
«Molti omicidi rimangono irrisolti, le aziende assoldano mercenari che,
con la complicità della polizia, terrorizzano la popolazione».
L’Honduras diventa il Paese più pericoloso al mondo, dove nel solo 2014
vengono uccisi 12 ambientalisti e dove le organizzazioni come Amnesty
International puntano il dito contro il presidente Juan Orlando
Hernández.
A distanza di sei mesi, le indagini sull’omicidio della
co-fondatrice del Cophin «sono ancora secretate». Ma Bertha Isabel e i
suoi fratelli non smettono nemmeno un secondo di organizzare
manifestazioni, di postare video e foto su YouTube . L’ultimo è un corto
che si conclude al grido di «Hasta la victoria mami». «Non chiediamo
solo che i suoi assassini siano arrestati, vogliamo anche che sia fatta
chiarezza sulla rete criminale che ha causato la sua morte».
Oggi
Bertha Isabel studia in Messico per diventare maestra. Ma è chiaro che
seguirà le orme della madre. Le Cáceres sono donne che non si fermano
davanti al potere. Nonna Austra Bertha Flores, che oggi ha 87 anni,
ancora lucidissima, è stata la prima sindaca dell’Honduras, ha militato
nel partito liberale, ha avuto 12 figli. «Ho nostalgia dei pranzi tutte
insieme in cui parlavamo del futuro o delle gite al fiume in cui mami ci
raccontava del suo progetto». Difficile non cedere alla commozione. Ma
Bertha Isabel non si lascia vincere. «Perché sono le donne in questa
famiglia a tramandare il senso della lotta. E mami vive in tutti noi».