domenica 25 settembre 2016

Corriere 25.9.16
Il referendum nel Ticino e la via svizzera per la Brexit
di Luigi Ippolito

L’imbroglio sul Tamigi troverà una soluzione fra le vallate svizzere? In altre parole, quanto sta accadendo in questi giorni nella piccola Confederazione elvetica potrà servire da modello per la Brexit, ovvero gli accordi di divorzio tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea? Ricapitoliamo dal principio. Nel febbraio del 2014 gli svizzeri votano con una maggioranza risicatissima a favore dell’imposizione di limiti all’immigrazione dal resto d’Europa. Una mossa azzardata: se portata a compimento, manderebbe in fumo tutti i trattati di cooperazione fra Svizzera e Unione Europea, dall’agricoltura al traffico stradale, dall’aviazione civile alla circolazione delle persone. E questo perché i rapporti fra la Confederazione e l’Unione sono regolati da una molteplicità di accordi bilaterali, tutti interdipendenti: se cade uno, cadono tutti.
Consapevoli del rischio, qualche giorno fa i deputati elvetici hanno disinnescato la portata del referendum, approvando una modifica del mercato del lavoro che darà la precedenza ai cittadini svizzeri e ai residenti europei. Una indicazione abbastanza generica che è stata ben accolta dalla Commissione di Bruxelles. È vero che oggi il Canton Ticino voterà per imporre limiti ai frontalieri italiani, ma una decisione locale non dovrebbe avere la forza per riaprire la questione a livello federale. Mentre la «via svizzera» potrebbe indicare la strada alla Gran Bretagna, che deve affrontare esattamente la stessa questione: ossia come mantenere l’accesso al mercato unico europeo riuscendo allo stesso tempo a reintrodurre dei limiti all’immigrazione. In special modo la promessa elvetica di non discriminare i cittadini europei già residenti in Svizzera offre un esempio valido per la Gran Bretagna. Che la distanza più breve fra Londra e Bruxelles passi per l’Engadina?