Corriere 24.9.16
Le imprevedibili ricadute della polemica con l’Europa
di Massimo Franco
Beppe
 Grillo silente che prepara il ritorno alla leadership a Palermo, è 
l’opposto dell’offensiva verbale di Matteo Renzi. E dà la sensazione che
 il capo del M5S stia provando a ricompattare un movimento slabbrato 
dalle liti, mentre il premier per ora marcia tra mille difficoltà. La 
linea dura con l’Ue si sta rivelando a doppio taglio. L’annuncio che 
mercoledì si incontreranno a Berlino la cancelliera Merkel, il 
presidente francese Hollande e il numero uno della Commissione Ue, 
Jean-Claude Juncker, è un avvertimento a Palazzo Chigi.
Le parole 
di Renzi al vertice di Bratislava hanno lasciato un’impressione 
negativa. E il sospetto è che l’incontro berlinese possa segnare 
l’inizio di una nuova prassi. Sarebbe la certificazione di un’Italia 
declassata; e proprio nel giorno in cui il premier esprime la speranza 
di entrare nel club dei «grandi» continentali al posto della Gran 
Bretagna. A una domanda del Washington Post se il nostro Paese potrebbe 
sostituire il Regno unito nel gruppo di testa dell’Ue, Renzi ha 
risposto: «Il problema è se la Germania accetterà o meno». È vero che la
 Gran Bretagna in quel club non c’è mai stata. Ma le cancellerie europee
 forse non hanno gradito la minaccia di un’Italia che «farebbe da sola» 
sull’immigrazione, di fronte all’indifferenza degli alleati.
A 
irritare sono state anche le critiche renziane all’Ue durante la visita a
 New York. Eppure, Renzi non sembra intenzionato a cambiare registro: 
non può, perché i dati economici sono sfavorevoli. Dunque martella 
contro un’austerità che «non serve a niente e fa male». Esalta la « 
diversità degli Usa rispetto a quanto fa l’Europa». È una tattica che si
 spiega col timore di perdere il referendum istituzionale. Per questo 
Renzi insiste su una lettura positiva dei risultati del governo, 
contraddetta però dalla richiesta all’Europa di concedere flessibilità, e
 dall’ammissione che i progressi vanno a rilento. «La velocità», spiega,
 «non corrisponde alla velocità dei miei sogni».
La ricaduta di 
queste tensioni sul piano interno non è calcolabile. Scegliere il 
nazionalismo può far prendere voti. Ma il raccordo con Bruxelles è 
sempre stato un elemento di forza di Renzi. Senza quella sponda, 
l’antieuropeismo strumentale di Grillo è destinato a innescare dinamiche
 imprevedibili. Forse, bisognerebbe cominciare col dire che, chiunque 
vincerà, il Paese andrà avanti. Non è più scontato che drammatizzare, in
 Italia e all’estero, porti consensi.
 
