Corriere 24.9.16
Veto di Obama alle cause contro l’Arabia Saudita
di Massimo Gaggi
Ha
 aspettato fino all’ultimo minuto consentitogli dalla legge. Poi Barack 
Obama ha messo il veto su una controversa norma approvata di recente 
all’unanimità dal Congresso — quella che consente alle famiglie delle 
vittime dell’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 di ricorrere in
 tribunale contro il governo dell’Arabia Saudita — esponendosi per la 
prima volta nei suoi otto anni alla Casa Bianca alla prospettiva di 
essere scavalcato dal Parlamento americano: quasi certamente, infatti, 
il veto presidenziale sarà cancellato da un altro voto a larga 
maggioranza delle Camere. Per anni il Parlamento a maggioranza 
repubblicana ha legato le mani di Obama nella sua attività di governo. 
Ma l’umiliazione di un veto rispedito al mittente anche dai suoi 
compagni di partito, i democratici, il presidente non l’ha mai subito. 
Ha deciso di esporsi allo smacco, a pochi mesi dalla fine del suo 
mandato, perché è convinto che questa legge diventerà un precedente 
assai pericoloso per il governo Usa, i suoi diplomatici e i militari che
 operano all’estero: c’è il rischio di rappresaglie giudiziarie da parte
 di altri Paesi, alleati compresi.
Washington potrebbe essere 
chiamata a rispondere nei tribunali di varie nazioni dei «danni 
collaterali» — come l’uccisione di civili — provocati da missioni 
antiterrorismo. Il caso più sensibile è quello dei «droni», gli aerei 
robot che, quando attaccano un bersaglio come un convoglio di auto nelle
 quali viaggiano capi dell’Isis o di Al Qaeda, spesso colpiscono anche 
innocenti, come gli autisti. Quanto la questione sia sensibile lo si è 
visto nel recente accordo per l’indennizzo alla famiglia di Lo Porto. 
Washington ha pagato ma ha tenuto a sottolineare che si è trattato di 
una scelta volontaria, non si un obbligo di diritto internazionale.
Le
 preoccupazioni di Obama sono fondate, ma nel clima della vigilia 
elettorale il Congresso le ha ignorate. Lo «speaker» della Camera, il 
repubblicano Paul Ryan, ma anche la leader democratica Nancy Pelosi 
riconoscono le ragioni della Casa Bianca ma non cambiano rotta. Obama 
sperava in un ripensamento che non c’è stato. Poi ha aspettato fino 
all’ultimo sperando che, col Parlamento prossimo allo scioglimento per 
il voto dell’8 novembre, la questione sarebbe tornata in aula solo dopo 
le elezioni. Ma il Congresso chiuderà i battenti il 30 settembre e la 
pressione per un voto immediato è fortissima.
 
