sabato 24 settembre 2016

Corriere 24.9.16
Per la crescita demografica una campagna pubblicitaria non basta
di Rita Querzé

Fin troppo facile evidenziare i limiti della campagna sul Fertility Day. A costo di andare controcorrente, un merito alla ministra Lorenzin va pur riconosciuto: la polemica ha acceso un riflettore sulla questione del calo demografico. L’Italia con la Germania e il Giappone è sul podio dei Paesi che invecchiano più in fretta. Bisognerebbe farsi carico del problema prima che sia l’Inps a presentarci il conto. Gli italiani non fanno più figli, constata il ministero della Salute. Ma la colpa non è delle «cattive compagnie», tantomeno della leggerezza di donne che rimandano la maternità sine die. Bisognerà prima o poi fare i conti con una realtà descritta anche dall’Istat: gli italiani vorrebbero avere più figli ma poi rinunciano. Rinunciano perché non sanno risolvere il rebus della conciliazione tra famiglia e lavoro. Ammesso che si trovi posto al nido, gli orari non sono quelli dell’ufficio. Le rette si portano via ricche fette di stipendio. Gli sgravi fiscali sulle baby sitter sono inferiori a quelli per le badanti, come se la cura dei figli avesse minore dignità di quella degli anziani. E i nonni che in passato si erano fatti carico dei nipoti oggi restano più a lungo al lavoro. Criticità come queste non si affrontano con le campagne pubblicitarie. Bisognerebbe mobilitare risorse e fare entrare le politiche per la crescita demografica tra le priorità. Finora non è avvenuto. Il dibattito sulla legge di Stabilità registra un ampio confronto sulle pensioni ma non si parla di nidi. Il Parlamento europeo ha appena licenziato una risoluzione che ha come obiettivo «l’equilibrio tra vita privata e professionale». Ammesso che la Commissione adempia all’invito del Parlamento e si occupi di questa istanza nel suo programma di lavoro per il 2017, la competenza su questa materia resta in gran parte degli Stati. Tante responsabilità ha l’Europa, ma non può costruire per noi un futuro con più passeggini.