venerdì 23 settembre 2016

Corriere 23.9.16
Idea. Tutino al Bilancio. Ruocco lo criticò: è casta
E il nuovo assessore può creare a Roma altre tensioni nel M5S
di Ernesto Menicucci

Roma Proprio adesso che, pronunciando il suo «no» all’Olimpiade, Virginia Raggi sembrava aver chiuso il fronte interno delle polemiche allineandosi alla linea dettata da Beppe Grillo e dai vertici del Movimento Cinque Stelle, per la sindaca di Roma rischia di aprirsi un nuovo caso che potrebbe far subito saltare la «tregua» così difficilmente conquistata tra interventi diretti del leader e «suggerimenti» dei parlamentari.
Perché, secondo «radio Campidoglio», Raggi — dopo settimane di ricerche, e dopo il «pasticcio» su Raffaele De Dominicis, nominato ma mai revocato ufficialmente — avrebbe individuato il nuovo assessore al Bilancio, da annunciare sul palco di Palermo nel weekend, dove la sindaca vuole presentarsi non solo con la decisione sui Giochi del 2024 ma anche con l’assetto di giunta già ristabilito. Sia per quanto riguarda il Bilancio, sia per il responsabile delle aziende partecipate, dove il profilo individuato sarebbe quello di «un giovane professionista». Per l’altro ruolo, il più importante, secondo le indiscrezioni che circolano il nome giusto sarebbe quello di Salvatore Tutino — magistrato della Corte dei conti in pensione, esperto di evasione fiscale, già dirigente (fino al 2006) del ministero dell’Economia, dove per anni ha guidato il Secit, il Servizio centrale degli ispettori tributari — sul quale c’è un pressing fortissimo già da qualche settimana. Mentre, come capo di gabinetto, era circolato anche il nome del giudice Raffaele Guariniello, che però smentisce: «Non mi hanno mai interpellato».
Ma perché la scelta di Tutino, qualora venisse confermata, può riaprire il fronte dentro M5S? Il magistrato, a fine 2013, venne nominato dal governo all’epoca guidato da Enrico Letta come uno dei cinque nuovi consiglieri della Corte dei conti. Decisione che non andò giù ad alcuni esponenti di punta dei pentastellati, come Carla Ruocco (membro del direttorio che più volte ha espresso in privato le sue perplessità sull’operato di Raggi) e Laura Castelli, deputata torinese, attualmente vicepresidente del gruppo alla Camera. Tutino venne inserito dai «grillini» nei «cinque esponenti della casta salvati in extremis dai loro amici del Pd e dal governo».
Il riferimento era alla riunione del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2013, che si svolse alle 8.15, a poche ore dall’entrata in vigore della legge di Stabilità che stabiliva un tetto alle «pensioni d’oro». Il governo, quella mattina, insieme a Tutino nominò anche Italo Scotti, Siegfried Brugger, Daniele Caprino e Angela Pria. Solo che a loro non si sarebbe applicato il tetto di 300 mila euro, previsto per chi cumulava incarichi pubblici e pensione, perché — secondo l’emendamento presentato da Roberto Speranza del Pd — venivano fatti salvi tutti gli incarichi «in corso prima dell’entrata in vigore della legge di Stabilità».
Ruocco e Castelli insorsero: «Ecco perché il Cdm si è riunito in fretta e furia, doveva nominare cinque esponenti della casta perché prendessero la poltrona prima della legge di Stabilità». E se Raggi ufficializzasse la sua nomina, chissà come la prenderebbero adesso i pentastellati.