venerdì 23 settembre 2016

Corriere 23.9.16
Tra le tossine della Capitale e le bacchettate di Bruxelles
di Massimo Franco

Il rischio, adesso, è che i veleni capitolini si propaghino e condizionino i rapporti tra il governo nazionale e le altre città amministrate dal M5S; comunque non da giunte guidate dal Pd. Il contraccolpo del «no» alla candidatura di Roma per i Giochi olimpici del 2024 deve ancora produrre tutti i suoi effetti. Ma alcuni sono già evidenti. Il primo è quello di ricompattare il movimento di Beppe Grillo, scosso da faide interne continue e diviso sulla sindaca Virginia Raggi. Il secondo è di accentuare l’immagine anti-sistema dei Cinque Stelle, convinti di avere espresso un «no» condiviso da quanti hanno votato per loro.
Il terzo riguarda Palazzo Chigi, che si è trovato a gestire una vicenda per la quale si era speso; e dalla quale riemerge quasi di rimbalzo sconfitto. Ma rimane, vistoso, lo scontro tra Palazzo Chigi e Campidoglio. E affiora il tentativo del M5S di attribuire a Matteo Renzi e al suo governo una strategia punitiva verso le giunte che non sono allineate col governo. Si tratta di un’operazione che ha il sapore dell’alibi preventivo, presentato dai seguaci di Grillo per giustificare un eventuale insuccesso. E si spiega anche con la vigilia del comizio di dopodomani del leader del M5S a Palermo, in un crescendo polemico.
Ma che la manovra sia in corso è evidente. L’accusa a Renzi è di dare finanziamenti alla Milano di Giuseppe Sala, sindaco eletto dal Pd, e di danneggiare la Roma della Raggi e la Torino di Chiara Appendino, pure del M5S; ma anche la Napoli di Luigi de Magistris, versione partenopea dell’opposizione al governo. Il M5S mette in circolo veleni perfino per accreditare un complotto renziano nella diatriba tra Torino e Milano sulla Festa del libro: al punto che il ministro della Cultura, Dario Franceschini, è intervenuto per smentire la partecipazione alla manifestazione milanese.
Per il premier la sfida più preoccupante non è quella del M5S, che comunque ripropone il Pd come unico argine a Grillo. Sono piuttosto le sponde internazionali che si assottigliano di fronte all’atteggiamento di Renzi al recente vertice di Bratislava. Da Bruxelles arrivano bacchettate in materia di flessibilità dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che ricorda i diciannove miliardi di euro già concessi all’Italia. Insomma, nel momento in cui il capo del governo minaccia di fare da solo, rischia di ritrovarsi solo.
E M5S e Forza Italia usano l’Europa da loro tanto vituperata per liquidare «l’incapacità del governo di svolgere una politica coerente e credibile». Marciano verso il referendum costituzionale convinti che vincerà il «No» alle riforme. E cercano di posizionarsi dando già per morto il sistema elettorale dell’Italicum, prima ancora di essere applicato. Si avverte un vento elettorale sempre più forte: come se le urne potessero diventare una scorciatoia per uscire da una situazione compromessa.