Corriere 22.9.16
Un’apertura che non riesce a contenere tutti i veleni
di Massimo Franco
S
e l’apertura del Pd sull’Italicum doveva svelenire i rapporti nella
maggioranza e con le opposizioni, l’operazione non è andata in porto.
L’esito per Matteo Renzi è l’approvazione di una mozione appoggiata
anche dal gruppo di Denis Verdini; il «no» di una minoranza del Pd
ancora più rigida sul referendum istituzionale; e il rifiuto di
discutere annunciato da Lega e FI, convinte che sia inutile fino a che
non ci sarà la consultazione referendaria.
Le uniche forze ad
avere presentato una proposta sono state Sel e Movimento 5 stelle: ma
per marcare le distanze da Palazzo Chigi con l’evocazione del sistema
proporzionale. D’altronde, con il conflitto che si sta aprendo dopo la
rinuncia del Campidoglio alla candidatura di Roma per i giochi olimpici
del 2024, lo scontro tra il partito di Renzi e quello di Beppe Grillo è
destinato a incanaglirsi. Per il M5S, il no alle Olimpiadi è una manna
per velare i contrasti interni, sempre meno diplomatizzati; e recuperare
un simulacro di unità intorno a una sindaca contestata.
Il fatto
che oggi il premier terrà una conferenza stampa con il presidente del
Coni, Giovanni Malagò, rischia di politicizzare ulteriormente una
questione che forse poteva essere gestita con maggiore accortezza da
tutti: se non altro per togliere pretesti a Virginia Raggi e fare
emergere le ambiguità del suo Movimento. Su questo sfondo, il percorso
della riforma elettorale e quello referendario promettono di
intrecciarsi e di essere inquinati più di prima da tensioni esterne; e
di conferire di nuovo al referendum quel carattere di plebiscito su
Renzi e il suo governo, che ultimamente il presidente del Consiglio ha
cercato saggiamente di correggere.
L’elemento più preoccupante,
per Palazzo Chigi, è l’atteggiamento degli oppositori interni. In un
momento in cui compie il massimo sforzo per dimostrare la bontà e i
benefici delle riforme, Renzi deve prendere atto che un pezzo del suo
stesso partito non lo segue. Ieri una quarantina di deputati del Pd non
ha votato in Parlamento con la maggioranza. Tra loro l’ex segretario,
Pier Luigi Bersani, per il quale «la mozione della maggioranza dà l’idea
che non si voglia fare nulla». Non solo: Bersani invoca «un’iniziativa
del governo, come fece con l’Italicum».
La richiesta sembra fatta
apposta per mettere in imbarazzo Renzi, e giustificare la contrarietà
della minoranza dem. Per Palazzo Chigi, infatti, una cosa è mostrarsi
disponibile a cambiare l’Italicum; altra riprendere in mano di persona
una riforma, dopo averla fatta approvare ponendo la questione di fiducia
al Parlamento, e dopo averla definita intoccabile. Il paradosso è che
Renzi si trova nemici in casa che lo accusano di non far nulla; e il M5S
che lo accusa di voler cambiare l’Italicum solo perché teme una
vittoria di Grillo alla Camera: una tenaglia strumentale ma assai
scomoda .