Corriere 22.9.16
Referendum e sondaggi, il Sud agita Palazzo Chigi
di Maria Teresa Meli
Come
era prevedibile (e previsto) la mozione di maggioranza sull’Italicum
dice poco o niente. Del resto, era questo l’input dei vertici del Pd.
Il
vicesegretario Lorenzo Guerini lo aveva spiegato agli alleati. E Matteo
Renzi, che, formalmente, si tiene lontano dal dibattito parlamentare,
era stato chiaro: «Voglio vedere quali sono le proposte degli altri,
vorrei capire che cosa vuole la nostra minoranza che non mi pare sia
tutta d’accordo su una sola ipotesi. Non ci dobbiamo infilare in un
tunnel dal quale non usciamo più. E soprattutto, non si fa niente prima
del referendum», aveva spiegato il premier ai collaboratori.
Già, è
sempre il referendum (la cui data più probabile sembra essere quella
del 27 novembre) il chiodo fisso di Renzi. Finora non ci sono sondaggi
molto attendibili, perché sono in tanti gli italiani che rispondono di
non aver ancora deciso il da farsi. Ma, mentre in Lombardia i “Sì”
sembrano prevalere con una certa nettezza (in quella regione la
maggioranza dell’elettorato di Forza Italia è favorevole alla riforma),
al centro-sud la situazione è ben diversa. Sicilia, Campania, Puglia e
Lazio rappresentano il tallone d’Achille dei referendari.
I
renziani, comunque, non disperano di potercela fare: «C’è una
maggioranza silenziosa che non si esprime adesso, al contrario di quanto
fanno gli elettori del “No”, ma che al momento giusto andrà a votare
perché non vuole l’instabilità».
Sarà veramente così? Gli uomini
del presidente del Consiglio ci sperano. Anche perché al di là delle
frasi di rito che sta ripetendo in questi giorni («il referendum non
riguarda il mio futuro ma il futuro del Paese»), sembra proprio che il
premier non abbia cambiato idea. Se nelle urne dovesse vincere il “No”,
Renzi andrebbe dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per
dimettersi. E le sue, a quel punto, potrebbero essere veramente
dimissioni irrevocabili.
Dopo che gli è stato spiegato di evitare
la personalizzazione nella contesa referendaria, il premier non ne parla
più, ma resta questa, al momento, la soluzione più probabile in caso di
sconfitta. L’ipotesi di un reincarico e di un bis, infatti, viene
giudicata più difficile da praticare («il nuovo governo sarebbe troppo
debole», spiegano alcuni renziani), benché gli alleati premano perché
Renzi resti a palazzo Chigi .