Corriere 20.9.16
Disabilità a scuola, le lacrime e le soluzioni
di Gianna Fregonara
Un
ragazzino che deve ripetere la prima media è stato rifiutato dalla
scuola del Comune di residenza della sua famiglia, Villafranca in
Lunigiana, perché la classe è piena e per giunta, dice il preside, c’è
un bambino con disabilità. I genitori arrivano a scuola con gli
avvocati. Il ministero alla fine ammette il nuovo bambino a scuola. E
invia gli ispettori. Cercheranno di capire chi ha ragione e chi ha
torto. Forse sia il preside che i genitori, che in questi mesi estivi,
non sono riusciti a trovare una soluzione ad un problema che un problema
non dovrebbe essere. È possibile che quando si parla di studenti
disabili e di studenti ripetenti, scatti automaticamente l’emergenza, il
codice rosso: problema irrisolvibile senza crearne altri? Lo sanno bene
i genitori dei bimbi disabili, che proprio in questi giorni sono
costretti a tenerli a casa in attesa che arrivino gli insegnanti di
sostegno, di solito gli ultimi ad essere designati per le cattedre.
Succede anche che vengano invitati dagli stessi presidi a fare ricorso
al Tar per ottenere quello che sulla carta è un diritto e che nella
realtà viene regolarmente calpestato. In alcune regioni, tra le quali la
Sicilia e la Sardegna, le cattedre di sostegno sono state usate per
permettere agli insegnanti di restare vicini a casa anche se non hanno
la specializzazione. Finché non scoppierà un altro caso in un’altra
scuola e torneremo ad occuparci dei problemi dei bambini, di quelli che
hanno problemi e dei loro compagni che hanno il diritto di essere
aiutati ad accogliere e integrare un loro compagno in difficoltà. Salvo
poi commuoverci per le storie belle e coraggiose di chi i problemi li ha
superati con una medaglia alle Paralimpiadi, sfidando tutto e tutti.
Sarebbe forse più utile se ci chiedessimo quanto sudore, quanta fatica e
forza di volontà ci sono dietro queste vittorie. E anche quante
lacrime.