Corriere 19.9.16
Aiutare i migranti è un dovere morale per chi crede nello sviluppo
di Werner Hoyer
Presidente Banca europea per gli investimenti
Caro
direttore, chi tra di noi contribuisce a elaborare e a dare una
risposta concreta alle politiche e alle azioni dell’Europa è costretto a
confrontarsi con un dato poco piacevole. La capacità dell’Europa di
risolvere la crisi umanitaria che si consuma sulle sue sponde e nei
Paesi limitrofi, la sua capacità di far fronte a una sfida migratoria
proiettata su un orizzonte più a lungo termine, è oggi messa in
discussione. In un momento in cui stridono sempre più forti le voci
ostili di estrema destra e dei populisti. Credo che la Bei, come banca
della Ue, operando a fianco delle altre istituzioni finanziarie
internazionali (Ifi), sia in grado di fornire strumenti concreti per
contrastare questa situazione e spingersi oltre la retorica. Sono in
questi giorni alle Nazioni Unite a New York per illustrare i modi in cui
potremmo attuare questi strumenti.
L’impellenza di agire non è
solo dovuta alla necessità di scongiurare la minaccia politica che
incombe sulla coesione dell’Europa, né al dover far fronte allo
sgretolamento della fiducia e della reputazione. È un dovere morale. La
migrazione è una sfida globale, come i tanti fattori che la alimentano.
La povertà e i cambiamenti climatici sono fermamente sotto l’occhio
attento e vigile delle banche di sviluppo. La violenza e la guerra, che
sono state il fattore scatenante della crisi dei profughi in atto,
sembrano essere al di fuori della portata d’intervento di banche di
sviluppo e Ifi. E tuttavia, con il giusto tipo di sostegno a queste
regioni e a questi Paesi maggiormente colpiti dalla crisi dello
sfollamento forzato, possiamo investire nelle comunità e nelle
popolazioni locali e contribuire a creare opportunità vicino a casa di
chi fugge dalla violenza e dalla persecuzione.
È questo il
ragionamento che sottende il Meccanismo di finanziamento agevolato
globale della Banca mondiale (Concessional Finance Facility) al quale la
Bei dà il suo forte sostegno, e che è al centro stesso della nostra
iniziativa a favore della resilienza economica. Interessandosi in
particolar modo ai Balcani occidentali e al Vicinato meridionale
dell’Europa, detto strumento comporterà un significativo aumento dei
finanziamenti della Bei in queste regioni: sei miliardi di euro,
aggiuntivi ai 7,5 miliardi già previsti. Tale iniziativa abbina il
sostegno al settore privato, con un particolare occhio di riguardo ai
giovani e alle donne, con maggiori investimenti in settori a valenza
sociale quali il comparto idrico, la sanità e l’istruzione. Questi
finanziamenti supplementari dovrebbero generare quasi 15 miliardi di
investimenti addizionali nel periodo 2016-2020, portando così a circa 35
miliardi le risorse mobilitate dalla parte della Bei. Ciò allevierà il
peso sopportato dai Paesi che servono l’interesse generale ospitando
numeri enormi di rifugiati, e darà anche maggiori opportunità a chi è
costretto ad abbandonare la propria casa, investendo nello sviluppo
complessivo di queste economie.
A meno di tre mesi dall’avallo
dato dai leader dell’Ue a tale iniziativa della Bei, gli strumenti sono
pronti a partire e siamo nella fase di elaborazione dei primi progetti.
Questo è per me il primo passo concreto a sostegno della nuova strategia
globale dell’Ue presentata nel giugno dall’Alto Rappresentante
dell’Unione per gli Affari esteri Federica Mogherini e del Piano europeo
per gli investimenti esterni (Pie) annunciato dal Presidente della
Commissione Jean-Claude Juncker.
Intervenendo sia con le
istituzioni finanziarie nazionali e le agenzie per lo sviluppo su scala
europea oppure con le Ifi, la nostra attenzione è rivolta, in principal
modo, a evitare i doppi interventi e ad agire in via complementare agli
sforzi compiuti da ciascuno di noi, fornendo una collaborazione più
efficace e congiunta alle agenzie delle Nazioni Unite. Sia per una
questione di efficacia sia per voler utilizzare le nostre risorse e
quelle dei contribuenti in modo adeguato.
Abbiamo appena istituito
un pacchetto «migrazione» per l’Africa, i Caraibi e il Pacifico,
dotandolo di ulteriori 800 milioni di euro che andranno a sostenere i
finanziamenti delle Pmi e le attività del settore pubblico correlate
alla migrazione in Africa. Tra l’altro, alcuni si chiederanno come mai
la banca dell’Ue interviene in questo campo. È un interrogativo
legittimo. La grande maggioranza dei nostri finanziamenti è consacrata a
creare crescita e posti di lavoro nella stessa Europa. Tuttavia
l’Europa ha bisogno di affrontare le sfide che s’impongono su scala
mondiale e che incidono in modo cruciale sul futuro stesso dell’Europa.
Il far tesoro della forza della Bei — che deriva da quel suo agire da
potente effetto moltiplicatore dell’azione esterna dell’Ue —
contribuisce ad accentuare la coerenza, l’efficacia e l’efficienza e a
rendere più incisivo l’impatto dei finanziamenti esterni dell’Ue. Questa
è l’Europa che, con sinergia di forze, si mette in campo e che, dati
gli imperativi di urgenza e di gravità delle sfide che siamo chiamati ad
affrontare, l’opinione pubblica ha il diritto di attendersi.