Corriere 18.9.16
Catechismo alle elementari. Storia di una riforma
risponde Sergio Romano
Le
chiedo perché la legge Coppino non prevedesse più l’insegnamento della
religione cattolica a livello elementare e superiore nel nostro Paese.
Tale disciplina faceva anche parte, insieme alla morale, delle materie
assegnate ai futuri maestri elementari secondo i dettami dei ministri
della Pubblica Istruzione Cesare Alfieri di Sostegno (1845), Carlo
Cadorna (1848-49) e della successiva legge Casati. Quali furono i motivi
che determinarono questo mutamento a livello legislativo? Non credo che
basti l’emanazione del Sillabo di Pio IX a fornire una spiegazione.
Piero Campomenosi
Caro Campomenosi,
La
legge sulla istruzione elementare fu adottata nel 1877, durante quella
che fu probabilmente la fase più laica dell’Italia unitaria. Il potere
temporale della Chiesa romana era finito con la breccia di Porta Pia,
nel settembre di sette anni prima. Pio IX era ancora il pontefice
regnante, al di là del Tevere, ma sarebbe morto un anno dopo. Il governo
italiano si era installato a Palazzo Braschi, l’edificio cinquecentesco
che si affaccia su Piazza San Pantaleo, ed era presieduto dal leader
della Sinistra storica, Agostino Depretis. Michele Coppini, autore della
legge, era un uomo politico piemontese, nato nel 1822, che fu rettore
della Università di Torino e ripetutamente ministro della Pubblica
istruzione dal 1867 al 1888. Per scrivere la sua legge sulle scuole
elementari, tuttavia, volle servirsi dei consigli di un pedagogista,
Aristide Gabelli, che apparteneva alla scuola positivista.
La
legge stabiliva per la prima volta l’obbligo della istruzione elementare
gratuita per i bambini dai sei ai nove anni ed estendeva la norma a
tutte le province del Regno. Spettava ai sindaci, tuttavia, garantirne
il rispetto, e non tutti, soprattutto al Sud, dettero il loro necessario
contributo al buon funzionamento della riforma. Se la legge Coppino
fosse stata più diligentemente applicata, la storia della battaglia
contro l’analfabetismo italiano sarebbe stata alquanto diversa.
L’insegnamento obbligatorio, sia pure limitato a tre anni, ebbe comunque
l’effetto di ridurre la percentuale degli analfabeti. Erano il 70% nel
1880 e sarebbero stati circa il 55% venti anni dopo.
Scritta con
l’assistenza di un positivista, la legge soppresse l’insegnamento del
catechismo e della storia sacra. La norma irritò la Chiesa, fu criticata
dagli ambienti cattolici ed ebbe anche l’effetto di favorire lo
sviluppo di istituti confessionali per quelle famiglie che non volevano
mandare i figli a studiare nelle scuole pubbliche. Anche l’esistenza nel
Paese di due percorsi scolastici diversi dimostrava che l’Italia
unificata sarebbe stata laica ma liberale e fedele all’auspicio di
Cavour: libera Chiesa in libero Stato.