Corriere 18.9.16
Renzi:
«L’austerity europea è un fallimento Sono gli altri a violare le regole»
«Il referendum? Non riguarda il mio futuro. Pronti a cambiare l’Italicum qualunque cosa dica la Consulta»
intervista di Maria Teresa Meli
Matteo Renzi, che è successo al vertice di Bratislava?
«Nessuna
rissa, semplicemente un’occasione persa. Bratislava doveva essere la
svolta, e invece è stata l’ennesima riunione finita a discutere le
virgole di un documento che dice tutto e non dice nulla. Dopo Brexit
l’Europa deve reagire, non tergiversare».
Nessuno si aspettava però un attacco italiano così duro.
«Ho
parlato duro quando nel documento presentato non ho trovato una riga su
Africa e immigrazione, né una riga su crescita e Europa sociale. Per
rilanciare dobbiamo cambiare la direzione dell’Europa, non cambiare il
palazzo del summit. Si finge di non vedere che la questione migratoria
non si esaurisce nell’accordo, tutto da verificare, con la Turchia. E
bisogna riconoscere che l’austerity europea ha fallito mentre la
politica americana di investimenti ha portato l’amministrazione Obama al
record di posti di lavoro. Non è un attacco, ma solo la realtà dei
fatti».
Dica la verità: si è risentito perché Merkel e Hollande non l’hanno invitata alla conferenza stampa.
«La
prego, siamo seri: questa è l’Europa, non l’asilo. Non ho nessun
problema con Merkel e Hollande. Ho incontrato il presidente francese
alla fine e ci siamo salutati con la consueta amicizia. Ma io non faccio
la bella statuina, aderendo a decisioni che non decidono nulla. Se
vogliamo fare le cose serie, l’Italia c’è. Se vogliamo passare i
pomeriggi a scrivere documenti senza anima e senza orizzonte, possono
fare anche da soli. Fare conferenze stampa in cui non si dice nulla non è
il sogno della mia vita. E fingere di essere d’accordo quando non lo si
è non è serio».
Berlino dice che alla fine anche lei ha approvato l’agenda e richiama lo spirito di Bratislava.
«È
finita come finisce sempre. Qualcuno pone questioni di merito, serie. E
altri rispondono con il maquillage dei documenti, con le modifiche
degli sherpa, con le virgole cambiate. E in nome dell’unità chiedono di
dire fuori che siamo tutti d’accordo. Non so a cosa si riferisca la
cancelliera Merkel quando parla di spirito di Bratislava. Se continua
così più che lo spirito di Bratislava discuteremo del fantasma
dell’Europa. A Bratislava abbiamo fatto una bella crociera sul Danubio,
tutti insieme. Ma io speravo di rispondere alla crisi provocata dalla
Brexit, non solo di farmi un giro in barca».
Qualcuno dice che lei sta facendo tutto questo per la legge di Stabilità.
«La
legge di Bilancio italiana è pronta. Onora le regole europee, il
deficit scende ancora, rispetta i parametri del fiscal compact che il
Parlamento precedente ha votato su indicazioni di Brunetta e Fassina,
responsabili economici dei partiti di allora. Dunque la nostra non è una
tattica per strappare qualche decimale in più di flessibilità: noi
rispetteremo le regole. E come le stesse regole prevedono, scomputeremo
dal patto gli eventi eccezionali, legati al piano di prevenzione post
terremoto “Casa Italia” e all’immigrazione che l’Europa non riesce a
gestire. Dunque nessuna trattativa sulla legge di Stabilità italiana,
che per il terzo anno consecutivo vedrà scendere le tasse. Sono altri
che dovranno giustificarsi per il mancato rispetto delle regole».
Altri chi? A chi si riferisce?
«La
Spagna ha un deficit doppio del nostro. La Francia non rispetta nemmeno
Maastricht con il deficit ancora sopra il 3%. La Germania viola la
regola del surplus commerciale: dovrebbe essere al 6% e invece sfiora il
9%. Nessuno chiede ai tedeschi di esportare di meno, ma hanno l’obbligo
di investire di più e stiamo parlando di decine di miliardi che
aiuterebbero l’intera eurozona. Ho fatto notare questa contraddizione in
modo privato prima e pubblico poi. Io non sto zitto per quieto vivere.
Con me il giochino “L’Italia pensi a fare le riforme” non funziona più.
Noi le riforme le abbiamo fatte, le regole sono rispettate, gli impegni
sull’immigrazione ci costano in termini di consenso ma sono doverosi. E
dunque ho il dovere di dire che le regole valgono per tutti. Se qualcuno
vuole far tacere l’Italia ha sbagliato indirizzo, metodo e sostanza».
Cosa accadrà adesso?
«La
sfida sarà marzo 2017, quando a Roma festeggeremo i 60 anni dell’Ue:
come ci presentiamo davanti ai concittadini di tutto il Continente?
Spiegando che l’Europa dei padri fondatori è diventato un noioso club di
regole finanziarie e algoritmi tecnici? O restituendo un’anima alla
visione europea? Li ho portati a Ventotene per costruire un percorso,
non per vedere il panorama o mangiare il pesce. Tra l’altro due mesi
dopo l’anniversario dei trattati ci sarà il G7 a Taormina. Iniziano
dunque otto mesi decisivi per la nostra politica estera e per la
credibilità delle nostre istituzioni. Voglio risultati concreti, non
parate scenografiche».
Sull’immigrazione siete tornati a mani vuote?
«Sull’immigrazione
per il momento l’Europa ha parlato tanto e fatto poco. Noi abbiamo
fatto gli hotspot, il fotosegnalamento, i salvataggi, la lotta agli
scafisti. Loro hanno messo un paio di navi nel Mediterraneo che
scaricano i migranti in Sicilia: utile per fare le interviste, non per
risolvere i problemi. Il giochino così non funziona. Vanno chiusi gli
accordi in Africa decisi nel summit di Malta del 2015. Vanno costretti i
Paesi membri a fare le ricollocazioni visto che in troppi fanno finta
di niente. Vanno gestiti i rimpatri che per il momento fa l’Italia
mentre l’Europa fa i convegni. Abbiamo proposto sei mesi fa il Migration
Compact . Juncker lo ha ripreso nel suo discorso e gli siamo grati. Ma
per il momento sono parole. L’Italia se necessario farà da sola:
sappiamo come fare. Ma allora l’Europa ammetta di aver fallito e dica
che gli egoismi sono più forti della politica: farebbe più bella figura.
Non possiamo lasciar esplodere il problema dell’immigrazione per
l’incapacità dell’Europa. Nel frattempo stiamo costruendo una nuova sede
per il Consiglio europeo che costa qualche miliardo: hanno scelto i
miei predecessori, non posso dire nulla. Ma proporrò di mettere davanti
alla sede il barcone che l’Italia ha recuperato dal fondo del mare e che
adesso è ad Augusta. Almeno tutte le volte che c’è una riunione anziché
guardare solo i divani nuovi, si guarderà l’immagine di quel barcone e
dello scandalo di una migrazione».
C’è anche chi dice che ha fatto
quell’attacco a Bratislava per attirare gli elettori meno europeisti. È
preoccupato per il referendum?
«No. Mai stato ottimista
sull’esito come adesso. Nessuno parla più di “rischio democratico”, il
clima è più disteso. Prima o poi inizieranno a circolare i facsimile
della scheda e tutto sarà chiaro. Lì si parla di riduzione dei
parlamentari, di riduzione dei costi delle Regioni, di soppressione del
Cnel, di superamento del bicameralismo paritario, obiettivo condiviso da
tutte le coalizioni in sede di campagna elettorale, sempre. Quando si
diraderà la nebbia dell’ideologia parleremo di merito e gli indecisi
sceglieranno il Sì perché è l’unico modo per cambiare questo Paese.
Altrimenti si resta nella palude delle bicamerali di troppi anni fa. E
l’Italia torna all’instabilità. Noi stiamo andando bene: quattromila
comitati, migliaia di persone che partecipano a iniziative e
sottoscrizione, boom sul sito www.bastaunsi.it . L’Italia può diventare
più semplice e più agile. Il futuro può finalmente trovare casa anche
nel Belpaese».
Se vince il No si dimette, come aveva annunciato nel dicembre dello scorso anno ?
«Per
mesi mi avete detto di non personalizzare. Ho seguito il vostro
suggerimento e non parlo più di me. Questo non è un referendum sul mio
futuro, ma sul futuro dell’Italia».
Avete detto che siete pronti a cambiare la legge elettorale. Che cosa significa, in concreto?
«Ritengo
l’Italicum un’ottima legge elettorale: garantisce governabilità e
rappresentanza. Ma non facciamo le barricate. Siamo pronti a cambiarla,
qualunque sia la decisione della Consulta. La maggioranza c’è: adesso
tocca alle opposizioni parlare. Devono dirci cosa propongono. Vogliono
tornare ai collegi uninominali? Vogliono eliminare le preferenze?
Vogliono il turno unico e non il ballottaggio? Devono tirare giù le
carte loro. Noi ci siamo. Ma le opposizioni hanno qualche proposta o
sanno solo dire no?».
Che ne pensa dell’ iniziativa di Parisi? Secondo lei è destinata a dare vita a un nuovo centrodestra o sarà un buco nell’acqua?
«In
bocca al lupo a Parisi. Trovo alcune sue frasi esagerate e
superficiali, frutto della necessità di rincorrere i suoi alleati. Ma se
Parisi ce la farà mi confronterò con lui. Per il momento gli avversari
sono Salvini e Di Maio. L’uno insulta la memoria di quel galantuomo che è
stato Carlo Azeglio Ciampi. L’altro paragona la Repubblica italiana a
una dittatura sudamericana e perde di credibilità ogni volta che apre
nocca. Auguri a Parisi, ma per il momento non convince neanche i suoi. E
se l’alternativa sono Salvini e Di Maio noi dobbiamo lavorare con
ancora più senso di responsabilità. Perché qui è in ballo la credibilità
internazionale dell’Italia, e non è poco» .