Corriere 18.9.16
Un asse un po’ meno speciale
di Sergio Romano
È
ancora utile all’Europa che il cancelliere tedesco e il presidente
francese appaiano insieme di fronte alla stampa, dopo un vertice
dell’Unione, per confermare l’esistenza fra i due Paesi di un rapporto
speciale? Le prime riserve sulla opportunità dell’asse (come venne
subito definito) risalgono alle prime reazioni provocate dal trattato
che Charles De Gaulle e Konrad Adenauer firmarono all’Eliseo il 22
gennaio 1963. Tornato al potere nel 1958, il generale aveva accettato i
Trattati di Roma per la creazione del Mercato Comune, firmati in
Campidoglio un anno prima; ma non aveva mai nascosto il suo scetticismo
per il progetto europeista e, contemporaneamente, la sua diffidenza per
le potenze anglosassoni e l’Alleanza atlantica. Quando il trattato
dell’Eliseo arrivò al Bundestag per la ratifica, Adenauer dovette
constatare l’esistenza di molte riserve e le superò soltanto con un
preambolo in cui si assicurava il Paese che l’accordo con la Francia
gollista non avrebbe reso la Germania meno europeista e meno atlantica.
Il
preambolo non piacque al generale, ma fu accettato a Parigi e il
trattato divenne da quel momento il simbolo di una storica
riconciliazione fra due Paesi che si erano duramente combattuti nel 1870
e nel 1914. Da quel momento anche i partner europei di Francia e
Germania dovettero rassegnarsi. L’asse era una implicita offesa alla
parità dei membri della Comunità, ma archiviava un dissidio che aveva
insanguinato più volte la storia dell’Europa.
L a storica
fotografia di François Mitterrand e Helmut Kohl, la mano nella mano di
fronte al grande ossario di Douaumont, il 22 settembre 1984, per una
celebrazione dedicata alla battaglia di Verdun, dimostrava che l’asse
era ancora, per molti aspetti, un valore europeo.
Ma anche le
grandi memorie sono soggette al logorio del tempo. I rapporti di forza
tra i due Paesi sono cambiati. Per molto tempo la inferiorità economica
della Francia è stata compensata dalla sua superiorità militare. Ma la
fine della Guerra fredda ha ridotto il valore della force de frappe
(l’arma nucleare francese) mentre l’unificazione tedesca lasciava sul
piatto della bilancia una Germania molto più pesante sul piano
economico, demografico e geopolitico. Eppure esiste fra i due Paesi una
convenienza reciproca a cui nessuno intende rinunciare. La Germania non
ha aiutato la lira, durante la crisi monetaria del settembre 1992,
all’epoca del governo Amato; ma ha salvato il franco francese. La
Germania ha spalleggiato la Francia nel novembre 2003 quando i due
Paesi, grazie alla presidenza italiana, poterono sottrarsi alle misure
disciplinari per la violazione delle regole sul deficit. Francia e
Germania hanno fatto fronte comune contro la guerra degli Stati Uniti
all’Iraq nello stesso anno. Ma ciò che maggiormente garantisce la
sopravvivenza dell’asse è probabilmente una sorta di reciproca prudenza.
Il rischio di una guerra franco-tedesca non esiste più, ma ciascuno dei
due Paesi ha comunque interesse a tenere d’occhio il partner, a
seguirne le evoluzioni politiche, a spegnere subito le divergenze che
inevitabilmente sorgono fra due grandi Paesi anche quando sono amici e
alleati. Nell’ambito della Unione Europea, poi, i due Paesi devono
sempre accordarsi per evitare di muoversi in direzioni diverse e
pregiudicare così la credibilità dell’asse. Finché il quadro politico
non cambierà radicalmente, vi sarà sempre una riunione franco tedesca
prima di ogni vertice e una conferenza stampa franco-tedesca alla fine
dell’incontro.
Quanto alla posizione assunta da Matteo Renzi a
Bratislava, non è difficile comprendere le ragioni del suo disappunto
per un vertice piuttosto modesto e il suo desiderio di non lasciare agli
euro-scettici del suo Paese il diritto di criticare l’Europa. Ma se
avesse voluto contribuire al declino dell’asse franco-tedesco avrebbe
dovuto, in linea con le iniziative prese nel corso dell’estate,
partecipare alla conferenza stampa di Merkel e Hollande.