giovedì 15 settembre 2016

Corriere 15.9.16
La super mappa di 2 milioni di stelle
La prima ricostruzione in 3D svela i segreti della Via Lattea
La posizione esatta degli astri con lo scarto di un capello
di Giovanni Caprara

Gli astronomi, da Galileo in poi, hanno inseguito il sogno di disegnare delle mappe celesti precise e ricche perché era il primo passo per esplorare i misteri dell’infinito che ci circonda. Ieri è stata dunque una grande festa la presentazione della più dettagliata mappa della nostra galassia, la Via Lattea, mai realizzata e frutto di cinque anni di osservazioni con il satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea (Esa). Il suo occhio, cinquecentomila volte più sensibile di quello umano, ha indagato 1,6 miliardi di stelle con una precisione straordinaria. Il satellite ha infatti la capacità di distinguere un capello alla distanza di 700 chilometri. Non si era mai giunti a tanto.
Di due milioni di astri sono già stati calcolati tutti i dati del movimento e della loro posizione, sfornando un primo catalogo. Questo è tre volte superiore a quello che era disponibile fino a oggi frutto di un altro satellite europeo, Hipparcos, spedito intorno alla Terra nel 1989, e con il quale si era compiuta la ricognizione di «appena» centomila astri.
L’evoluzione della tecnologia che ingegneri e scienziati europei hanno sviluppato (gli Stati Uniti non hanno ancora costruito un satellite del genere) ha permesso il balzo nelle osservazioni di cui Gaia è protagonista. La Via Lattea è il panorama considerato perché è l’isola stellare che più ci interessa e coinvolge, dal momento che abitiamo ai suoi confini. «Studiando le sue caratteristiche possiamo trovare risposta a molti enigmi anche al di fuori della stessa galassia» nota Mario Lattanzi dell’Istituto nazionale di astrofisica Inaf di Torino e alla guida della settantina di scienziati italiani coinvolti dal programma europeo che mobilita oltre cinquecento ricercatori.
Si stima che la Via Lattea, della quale alzando gli occhi in una notte limpida in montagna o al mare possiamo vedere la fascia biancastra della zona centrale, raccolga circa cento miliardi di stelle. Poco lontano ci sono altre isole stellari celebri come Andromeda e le Nubi di Magellano, ma lo spazio è popolato di miliardi di galassie simili e anche più grandi della nostra.
«Il primo difficile problema è sempre stato quello di misurare le distanze — ricorda Lattanzi —. Ora con Gaia abbiamo definito molto bene la posizione di gruppi di stelle come le Pleiadi che funzionano da candele di riferimento. Conoscendo la loro massa e luminosità possiamo calibrare la posizione di tutte le altre stelle con prospettive oggi inimmaginabili. Stabilire il moto degli astri, infatti, significa indagare la gravità, la materia oscura, i fenomeni della teoria della relatività di Albert Einstein e pure l’evoluzione della nostra stessa galassia e il futuro che l’aspetta. Insomma, la mappa di Gaia potrà sfidare la fantasia e la creatività dei cosmologi nel trovare spiegazioni preziose».
La costruzione di Gaia si è subito presentata come un’ardua sfida. Il progetto di un miliardo di euro dell’Esa è stato condiviso dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) con un investimento di 14,5 milioni di euro. Nei laboratori di Leonardo-Finmeccanica sono state costruite parti sofisticate: dai pannelli solari ai computer per governare il satellite, fino ai sensori per orientarsi tra le stelle e al gruppo dei piccolissimi razzi da cui dipende la stabilità necessaria al telescopio per effettuare corrette ricognizioni. A due scienziate, Antonella Vallenari e Gisella Clementini, rispettivamente dell’Inaf di Padova e di Bologna e specialiste di grandi ammassi stellari e stelle variabili, l’Esa ha affidato il coordinamento di consistenti parti della grande ricerca che proseguirà per diversi anni. Mentre i dati disponibili alla comunità internazionale degli astronomi saranno stivati al centro Altec di Torino e al Science Data Center dell’Asi a Roma.
Con Gaia il cielo perderà molti segreti.