Corriere 14.9.16
Dieci miliardi in più di deficit La manovra ora va riscritta
Il rischio di dover rinviare il taglio del debito pubblico
di Enrico Marro e Lorenzo Salvia
ROMA
Il primo effetto della crescita più bassa del previsto è atterrato sul
tavolo di confronto per le pensioni, quello ancora aperto fra governo e
sindacati. La dote da spendere per le misure sulla previdenza da
inserire nella legge di Bilancio è scesa di nuovo sotto l’asticella dei 2
miliardi. Da 2,3 miliardi ci si è abbassati a 1,8. Mettendo in bilico
una delle misure previste, quella sui lavoratori precoci. E raffreddando
parecchio un clima che nei giorni precedenti era da ultima curva prima
del traguardo.
Ma le pensioni sono solo una parte del problema. Se
la crescita del Pil alla fine nel 2016 resterà sotto l’1%, se dovesse
davvero andare poco oltre lo 0,7% già acquisito nei primi sei mesi
dell’anno, il governo italiano sarà costretto a riscrivere da capo una
manovra che andava sì ancora definita nei dettagli ma che aveva già dei
punti fermi. Alcuni restano tali, come il blocco dell’aumento dell’Iva,
che da solo costa 15 miliardi, e il taglio dell’Ires sulle imprese,
oltre 3 miliardi. Per il resto, bisognerà trovare nuovi equilibri. C’è
il piano Casa Italia, arrivato dopo il terremoto di Amatrice, con la
necessità di coprire gli incentivi fiscali per la sicurezza degli
edifici. Come sulle pensioni, le risorse a disposizione potrebbero
calare rispetto ai 5 miliardi ipotizzati all’inizio. In ogni caso, dove
non ci saranno coperture certe, il governo ricorrerà, come l’anno
scorso, a un aumento del deficit. Che nel 2017 non sarà più l’1,8% del
Pil, come promesso solo a giugno dal governo alla Commissione europea,
ma arriverà intorno al 2,4%. Significa un maggior indebitamento di quasi
10 miliardi. Che serviranno a finanziare diversi capitoli della
manovra. Sempre che Bruxelles chiuda un occhio. Ma anche se non fosse
così, il precedente di Spagna e Portogallo dove la commissione ha deciso
di non sanzionare i due Paesi non in regola con i vincoli di bilancio,
potrebbe aiutare il governo a cavalcare una nuova battaglia per la
flessibilità in piena campagna per il referendum costituzionale.
Il
punto più a rischio resta il debito pubblico. Qui davvero l’Italia
rischia l’apertura di una procedura europea d’infrazione perché appare
quasi impossibile centrare la riduzione del debito nel 2016 al 132,4 del
Pil rispetto al 132,7 del 2015. Il calo dovrà essere rinviato al 2017.
Ma sarebbe più facile conseguirlo soprattutto alla luce del rinvio al
prossimo anno delle privatizzazioni di Ferrovie e Poste, dove
l’operazione nasce anche dalla volontà del governo di accontentare la
Cisl, da sempre contraria alla privatizzazione, tanto più che il
sindacato di Annamaria Furlan si è schierata per il Sì al referendum
costituzionale.