lunedì 12 settembre 2016

Corriere 12.9.16
Virginia Raggi, la multa e il vizio culturale dei 5 stelle
di Pierluigi Battista

Qualcuno l’aveva pure avvisata, Virginia Raggi: non firmare quel documento prima delle elezioni, chiediti perché a Roma il Movimento 5 Stelle vuole incatenare il sindaco o la sindaca eletta alle sue condizioni e invece fa finta di niente a Torino con Chiara Appendino. Ma lei ha firmato, appena formalizzata la sua candidatura per il Campidoglio. Ora, forse, Virginia Raggi si sta pentendo di aver messo la sua firma a un documento, chiamato «Codice», in realtà una mannaia, che le vicissitudini di questi giorni hanno trasferito drammaticamente nell’attualità. C’è scritto, in quel documento-mannaia, che sindaci e assessori 5 Stelle avranno l’obbligo di dimettersi se condannati in primo grado. Va bene, a parte la sbavatura sulla condanna in primo grado non definitiva, ci può anche stare. Ma c’è scritto anche, nel documento precipitosamente sottoscritto da Virginia Raggi quando il futuro appariva roseo e la gestione del Campidoglio un affare facile da gestire, che un semplice avviso di garanzia può essere motivo di dimissioni se fosse richiesto da Beppe Grillo o da un congruo numero di militanti. Un contratto capestro, che prevede pure una multa di 150 mila euro. Un bel guaio, visto quello che sta accadendo.
Il vizio culturale di origine dei 5 Stelle è di concepirsi come espressione della volontà popolare (Rousseau, del resto, è il loro profeta) a prescindere dalle procedure formali su cui si regge una democrazia rappresentativa. La Raggi pre-elezioni era tutta immersa in questa logica dal sapore totalitario. Poi la Raggi ha conquistato un mare di voti con la democrazia elettorale vera e da qui deriva la sua legittimità, non dalla volontà di qualche migliaio di seguaci di Grillo. Questo vizio culturale oggi rischia di diventare una prigione per la Raggi. Un contratto da onorare anche se con le elezioni la sindaco ha stipulato un altro tipo di «contratto» con il popolo romano che l’ha votata.