Corriere 11.9.16
I rituali della Mecca
Uomini in bianco, donne separate e spesso in nero: precetti, simboli, significato
del pellegrinaggio che ogni musulmano deve compiere almeno una volta nella vita
di Roberto Tottoli
Ogni
musulmano, sunnita o sciita, ha il dovere religioso di recarsi almeno
una volta nella vita in pellegrinaggio alla Mecca. Ne è esentato chi non
ne ha possibilità economica, ma nella storia musulmana recarsi alla
Kaaba, il tempio che ha incastonata la Pietra Nera, è sempre stato un
momento rituale centrale nella vita della comunità. Il rituale annuale,
che è iniziato ieri e che cade in un mese che prende proprio il nome di
mese del Pellegrinaggio, vuole celebrare la natura primordiale della
fede islamica. Secondo la concezione musulmana, infatti, fu Adamo a
recarsi alla Mecca per primo, a costruire una prima Kaaba, che fu poi
ricostruita dopo il Diluvio da Abramo, sancendo il valore del luogo come
segno del patto tra Dio e l’umanità.
CUCITURE
Per tutti
questi significati, accennati nel Corano e ricordati minuziosamente dal
ricordo dei pellegrinaggi di Maometto, il pellegrinaggio alla Mecca
rappresenta per ogni credente un ritorno alle origini della propria
fede. E i rituali vogliono segnalare questo carattere, fin dai primi
obblighi. Il pellegrino che vi giunge da ogni dove, infatti, prima di
entrare nel territorio sacro intorno alla Mecca, deve assumere una
particolare condizione: indossare un abito senza cuciture, in genere
diviso in due parti e quasi sempre di colore bianco, e da quel momento e
per tutti i rituali che farà non può intaccare questa sua condizione,
ad esempio non può radersi, tagliarsi le unghie, fumare o compiere atti
sessuali. Dopo aver indossato l’abito rituale e assunto lo stato sacrale
può unirsi agli altri credenti che annualmente svolgono il
pellegrinaggio.
LA DIVISIONE
La tradizione non prescrive
nulla di diverso per le donne. Stato sacrale, doveri e rituali sono
uguali, seppure eseguiti separatamente dagli uomini per evitare
promiscuità. Solo la veste cambia: è un pezzo unico e spesso nera.
SETTE GIRI
Rivelazioni
coraniche e l’esempio di Maometto hanno insegnato ai credenti cosa fare
nei giorni del pellegrinaggio. Si inizia, in genere, facendo sette giri
intorno alla Kaaba dove in un angolo è incastonata la Pietra Nera. La
tradizione vuole che in origine fosse un gioiello prezioso bianco e
splendente, mandato da Dio dalla terra al cielo, poi annerito dai
peccati degli uomini. Il pellegrino deve sfiorare o anche solo guardare
la Pietra Nera nel corso dei suoi sette giri. Il rituale successivo è
una corsa tra le colline di Safa e Marwa, oggi all’interno della città,
che vuole ricordare quella di Agar disperata per il figlio Ismaele
assetato. I pellegrini, dopo questi atti che avvengono nella città,
devono spostarsi e avviarsi ai rituali che si svolgono in località
limitrofe.
Il giorno nove del mese del pellegrinaggio, dopo aver
toccato una località di nome Mina, i pellegrini giungono ad Arafat, che è
il cuore del pellegrinaggio. Presso una radura ai piedi di un monte,
tutti i musulmani celebrano le storiche orazioni qui fatte da Maometto
prima di morire, quando il pellegrinaggio, che era già una pratica
pre-islamica, divenne un rito fondamentale dell’Islam.
SATANA
Lo
stesso giorno i musulmani devono spostarsi velocemente verso Muzdalifa,
una località in direzione del ritorno alla Mecca. Mantenendo lo stato
rituale e nell’inconfondibile vestito bianco, qui, il giorno dieci del
mese, si svolge la lapidazione di Satana. Contro tre steli, il
pellegrino deve tirare sette sassi, che vogliono rappresentare il
rifiuto delle tentazioni sataniche da parte di Abramo e del credente in
sua imitazione. La tradizione vuole che Satana tentasse di frenare
Abramo dall’ordine divino di immolare il figlio. E a ricordo di questo
avvenimento, viene sacrificato un montone o un altro animale, ricordando
il montone mandato da Dio in sostituzione del figlio. È questa la Festa
del sacrificio, celebrata il giorno dieci del mese, in tutto il mondo
islamico.
LE ORIGINI
Il pellegrino può ora abbandonare lo
stato rituale, di solito rappresentato dalla rasatura di barba e
capelli, che ne vuole evidenziare una riconquistata condizione di
perfezione. Rappresenta il ritorno alle proprie origini e quindi la
celebrazione di un momento unico, personale e comunitario, che è poi il
profondo significato dell’atto così complesso e che dura giorni. Ogni
atto è accompagnato da soste per la preghiera e da istruzioni minuziose
sui rituali da compiere. Vicinanza e prima fila sono il desiderio di
molti pellegrini, ma non sempre è possibile. Era già difficile quando
nel Medioevo i pellegrini erano decine di migliaia, ora che sono oltre
un milione e mezzo lo è ancora di più.
Abbandonato lo stato
rituale i pellegrini in genere compiono un ultimo giro intorno alla
Kaaba, congedandosi dalla Pietra Nera. Molti colgono l’occasione, spesso
unica nella loro vita, di recarsi a Medina, la città di Maometto, e di
vederne i luoghi storici dell’affermazione dell’Islam. Lo fanno nella
nuova condizione di pellegrini, con quella perfezione unica e senza
peccato che la tradizione islamica attribuisce a chiunque abbia svolto i
rituali annuali .