Corriere 11.9.16
Ettore Rosato, renziano
«La proposta di Bersani & Co? È inefficace, non se ne parla»
intervista di Monica Guerzoni
ROMA
Prima il referendum, poi la legge elettorale. Il presidente dei
deputati del Pd, Ettore Rosato, non vede spazi per riaprire ora la
pratica dell’Italicum.
Se l’apertura di Renzi è «vera e sincera», prenderete un’iniziativa politica?
«È
assolutamente legittimo esprimere preoccupazione e affermare la volontà
politica di intervenire sulla legge elettorale. Ma adesso il punto
centrale del nostro impegno non può che essere il referendum e così sarà
nelle prossime settimane. Come dice bene il presidente Napolitano, tra
riforma costituzionale e legge elettorale non c’è legame».
Dicendo che l’Italicum si può cambiare anche dopo un via libera della Consulta, Renzi rimanda il problema a dopo il referendum?
«I tempi parlamentari per farlo prima sono impossibili, anche volendo. Una forzatura non avrebbe senso».
Eppure
non è più è solo la minoranza a chiedere di cambiarla. Napolitano teme
di consegnare il Paese a una forza che, al primo turno, prenda meno del
40% di voti.
«Anche prima del referendum si può ragionare di legge
elettorale, con serenità e senza forzature. Ma non legando l’Italicum
al consenso su una riforma costituzionale che tutti abbiamo votato».
Per Napolitano la proposta di Speranza e Bersani è «degna di essere considerata».
«Di
proposte ce ne sono numerose sul tavolo e questo, in dieci anni, ha
impedito di cambiare il Porcellum. Quando si apre la discussione ognuno
ha la legge perfetta in testa. Il nostro merito è aver chiuso con
l’Italicum una lunghissima fase di incertezza».
Nel merito, perché il «Bersanellum» non vi piace?
«La
proposta di Bersani e Speranza ha il difetto di non definire chi vince.
Se mettiamo su quel sistema i dati del 2013 siamo nuovamente costretti a
fare un governo di coalizione, magari con Berlusconi, Verdini e
Salvini».
Speranza chiede a Renzi una svolta politica, altrimenti voterà no. Dopo lo strappo vivrete da separati in casa?
«Sono
convinto che le parole di Renzi porteranno tutti a sentirsi a casa loro
nel Pd. Però ricordo che il sì della minoranza sulla riforma del Senato
nasceva da un accordo, raggiunto su un testo condiviso».
Accordo per loro disatteso, visto che non si è fatta la legge per eleggere i senatori.
«Va
fatta dopo la riforma costituzionale. Le idee che arrivano dalla
minoranza sono ragionevoli e ci si può lavorare con serenità, ma la
revisione della legge elettorale non faceva parte dell’accordo».
Sospetta che il no di Speranza sia il primo atto della battaglia congressuale?
«Fare
il congresso sulla riforma costituzionale è un gravissimo errore, che
tradisce i trent’anni di percorso di centrosinistra racchiusi nel testo
costituzionale approvato».
Quando nasceranno i primi comitati del no della minoranza, si sentirà tradito?
«Sono
certo che non arriveremo a questo. Bersani ha contribuito in maniera
rilevantissima a costruire l’idea riformista che noi abbiamo
concretizzato oggi. La riforma era la quarta tesi dell’Ulivo del ‘96».
Pensa che Prodi voterà sì?
«Il presidente Prodi non ha bisogno di nessuno che traduca il suo pensiero».
La sua previsione?
«Diciamo
che le tesi dell’Ulivo sono figlie sue. Il presidente saprà come e
quando comunicare le sue decisioni su una riforma che rende le
istituzioni più efficienti, più economiche e più vicine ai cittadini».