Corriere 10.9.16
«Lì è sepolto l’antico teatro greco»
La svolta archeologica di Agrigento
di Giovanni Taglialavoro
La sua esistenza era un mistero. A ottobre inizieranno gli scavi sull’area individuata
La
notizia non è ufficiale, ma ormai ci sarebbero pochi dubbi: il teatro
antico, greco-romano, c’è e tra un mese sarà portato alla luce. Almeno
questa è la speranza del direttore del Parco archeologico di Agrigento
Giuseppe Parello che fatica a tenere la bocca chiusa: «Ne riparliamo il
10 ottobre quando tutta l’area sarà scavata». Al suo nome e a quello
dell’ assessore ai Beni culturali Carlo Vermiglio potrebbe essere legata
la scoperta archeologica più attesa, più inseguita, quella del teatro
che si annuncia grande e in una posizione che più bella non si può. È
curioso che il sospirato teatro si faccia scoprire a due passi dagli
uffici della sovrintendenza e dal museo: era lì, ma non verso il nord,
dove si ostinavano a cercarlo, ma verso sud. Ma si sa, lo scriveva Edgar
Alla Poe: se vuoi che nessuno trovi la tua lettera segreta, tienila in
bella vista sul tavolo.
«La conca c’è, il primo gradone della
cavea gira perfettamente... tutto sembra iscritto in un ordine
urbanistico perfetto» ripete Parello. Sembra così avviarsi a conclusione
una lunghissima «caccia al tesoro» che ha appassionato e contrapposto
gli studiosi e indispettito gli agrigentini: era inaccettabile per loro
che l’antica e gloriosa Akragas, definita da Pindaro «la più bella città
dei mortali», non avesse avuto un suo teatro.
Contro questo
beffardo contrappasso si sono invocate da parte dei cultori di storia
patria le innumerevoli testimonianze letterarie che attestano
direttamente o indirettamente la presenza di una cavea teatrale
nell’antica città greco-romana. Si comincia con Tommaso Fazello che a
metà del ‘500 scrive di notare i resti del grande teatro non lontano
dalla chiesa di San Nicola. Agli anni Trenta del Novecento Pirro
Marconi, finanziato dal capitano inglese in pensione Alexander
Hardcastle, scava in una conca poco a nord di san Nicola, ma non trova
nulla che somigli ad un teatro.
Da quel momento in poi negli
ambienti accademici l’interesse per il ritrovamento del teatro diventa
secondario, mentre in quelli semicolti assume i caratteri di una
ossessione, di una sfida. A cavallo tra gli Anni 80 e 90 si torna a
parlare di teatro e incautamente se ne annuncia l’imminente
ritrovamento. Ma gli scavi escludono in quell’area la cavea antica; in
compenso scoprono una grande piazza porticata dentro la quale si trova
un tempio di età ellenistico-romana.
Niente teatro allora, ma una
nuova visione di tutta la zona che sembra profilarsi sempre di più come
la vera agorà . Nel frattempo la gestione del luogo passa nelle mani del
Parco che dà incarichi di studio e di ricerca al Politecnico di Bari.
Un’equipe di studiosi guidati da Monica Liviadotti del Politecnico di
Bari e da Luigi Calio dell’Università di Catania con le archeologhe del
parco Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello e Maria Serena Rizzo
cataloga tutte le immagini di questa zona prodotte negli ultimi decenni e
le sottopone ad analisi raffinate.
«Durante queste analisi
emergono delle anomalie in una particolare zona: anomalie nel gergo dei
ricercatori significa che c’è qualcosa sepolta in questa porzione di
campagna» racconta il direttore Parello. In particolare le anomalie
segnalano la presenza di una struttura semicircolare in un punto molto
vicino alla chiesa di san Nicola, direzione sudest. Si decide di fare un
piccolo e veloce saggio di scavo per verificare l’effettiva presenza
della struttura. Emerge subito quello che potrebbe essere il gradone
semicircolare più alto del monumento. Si scava anche in corrispondenza
dell’eventuale scena, anche qui si trovano strutture coerenti con la
possibilità del teatro. L’età apparente della strutture emerse
risalirebbe al periodo ellenistico-romano.
Ma non ci sono i soldi
per continuare. Si chiude tutto in attesa di uno scavo totale e
definitivo della zona. Si ricomincia il 10 ottobre .