Corriere 10.9.16
M5S perde il 2 per cento ma il Pd non ne approfitta
L’astensione cresce ancora
di Nando Pagnoncelli
Cala la fiducia in Di Maio. Il 55% li boccia come forza di governo
I
fatti di Roma manifestano almeno tre elementi: le difficoltà di governo
in una realtà complessa come quella romana, la divisione interna al
Movimento 5 Stelle, dove militanti e dirigenti provengono spesso da
tradizioni politiche distanti, la problematicità nell’affermare
concretamente il principio di assoluta trasparenza. Con il corollario,
tipico dei partiti d’antan, dei due pesi e due misure, per cui un
assessore indagato rimane al suo posto e un altro viene presto rimosso.
Lo
stato di confusione, di scontro, il continuo emergere di aspetti non
chiari, le dimissioni a catena, l’irritazione della base, l’inciampo del
leader designato, Di Maio, hanno fatto ritenere a molti che il
Movimento si stia giocando a Roma l’ accountability , la credibilità
come forza di governo responsabile. È il tema del sondaggio di questa
settimana.
Le vicende romane sono state seguite con attenzione: il
13% le conosce nel dettaglio, il 46% almeno nelle linee generali. Per
dare una misura, più di quanto si conoscano i contenuti del referendum.
Quanto
alla valutazione della gravità della vicenda, prevale però un
orientamento tollerante, se non assolutorio. Un terzo degli intervistati
ritiene che siano situazioni che possono capitare a chiunque governi
una città complessa come Roma. Più di un quarto (27%) giustifica gli
accadimenti con l’inesperienza dei nuovi amministratori e si dichiara
convinto che in poco tempo impareranno. Solo il 29% condivide un
giudizio drastico che valuta Raggi e il Movimento incapaci di far fronte
a responsabilità di governo. Più critici naturalmente gli elettori dei
partiti di opposizione, anche se solo tra gli elettori pd la maggioranza
assoluta (51%) valuta i pentastellati incapaci di governare Roma.
Se
prevale uno sguardo «indulgente» sui fatti, ampia è invece la critica
sul dibattito interno al M5S. È convinzione diffusa (41%) che sia in
atto una feroce guerra tra gruppi di potere che si contendono il
primato. Le diatribe, le bugie o il non detto, la guerra di post e mail
hanno lasciato il segno. Ma un quarto giudica i conflitti emersi come il
prodotto di una normale discussione, e più di un quinto condivide la
tesi di un Movimento unito contro cui si scagliano i poteri forti, come
sostenuto da esponenti pentastellati e da Raggi. È la tesi prevalente
tra gli elettori M5S (46%), anche se poco meno del 20% ritiene che sia
in atto una guerra di potere intestina.
Tutto questo provoca
comunque una non trascurabile perplessità tra gli elettori grillini: se
per il 70% il proprio orientamento non è intaccato, in circa un quarto
emerge un disagio. Che però non è ancora fuga: solo il 5% è orientato a
non votare più M5S, mentre un quinto è indeciso.
Certo, la
credibilità come forza di governo del Paese si è ridotta. Se, dopo il
successo delle Amministrative, gli italiani esprimevano una certa
fiducia sulle capacità di governo (43%), anche se comunque il 46% ne
dubitava, oggi i rapporti si sono invertiti tornando a essere quelli di
un anno fa. Meno di un quarto scommetterebbe sulla riuscita di un
esecutivo pentastellato, la maggioranza (55%) opta per una manifesta
incapacità. Solo gli elettori 5 Stelle lo accreditano nettamente come
forza di governo credibile (77%), anche se il 17%, pur votandoli, non li
ritiene all’altezza.
Luigi Di Maio paga le conseguenze del suo
ruolo nella vicenda e delle sottovalutazioni: rispetto a luglio oggi la
sua popolarità diminuisce di 6 punti e il saldo tra valutazioni positive
e negative torna ai livelli precedenti alle Amministrative.
L’orientamento
critico ma parzialmente assolutorio si conferma anche nelle intenzioni
di voto. Il Movimento subisce un contraccolpo ma non un crollo: rispetto
a luglio perde 2 punti percentuali. I voti in uscita non favoriscono in
nessun modo i partiti tradizionali. Ne beneficia innanzitutto
l’astensione, che cresce di oltre due punti, quindi i partiti che sono
vissuti da molti elettori come «antisistema»: Fratelli d’Italia e Lega.
Per
i 5 Stelle l’avvertimento è chiaro, ma, se sapranno riprendere la
rotta, molte delle perplessità rientreranno. Per gli altri partiti si
conferma la difficoltà di pescare in questo bacino, con un elettorato
assai difficile da recuperare.