Corriere 10.9.16
Roberto Speranza oggi sarà a Catania: ascolterò Matteo, dica parole chiare
«Sull’Italicum subito una svolta O al referendum voteremo No»
intervista di Monica Guerzoni
ROMA «Il tempo è finito».
È ora dello strappo, onorevole Roberto Speranza?
«Basta
giocare a nascondino. Domani (oggi per chi legge, ndr ) a Catania mi
aspetto da Renzi parole chiare, non si può continuare a scaricare la
responsabilità sul Parlamento».
Sicuro che ci siano i numeri per cambiare la legge elettorale?
«Al
Pd, con 400 parlamentari, tocca la responsabilità più grande. Renzi ha
fatto qualche passo avanti, ora deve fare quello definitivo per evitare
che il referendum spacchi il Paese. Deve aprire alle modifiche, ma sul
serio. Domani sarò anche io a Catania e mi aspetto dal segretario una
svolta».
L’impegno a cambiare l’Italicum, altrimenti voterete No al referendum?
«Io
mi auguro che il segretario tracci l’orizzonte di una nuova fase. In
Italia come in Europa assistiamo alla rottura senza precedenti tra ceti
popolari ed establishment, è una deriva. Se non mettiamo al centro la
lotta alle diseguaglianze, consegniamo il popolo ai populisti».
Errani alla ricostruzione non è una mossa sufficiente a ricompattare il Pd?
«Portare
la nomina di Vasco dentro dinamiche interne al Pd è un errore grave. A
Renzi chiediamo di ricompattare il Pd con una grande iniziativa politica
che poggi su due gambe, questione istituzionale e questione sociale. Mi
aspetto che Renzi raccolga la straordinaria reazione del popolo
italiano al terremoto e faccia uno sforzo per coltivare questa grande
comunità nazionale. Dimostri che si può governare includendo, non uno
contro tutti».
Renzi sembra aspettare la Corte costituzionale a ottobre...
«Io spero di no. Quando sono i giudici a intervenire è sempre una sconfitta della politica. Serve un’iniziativa parlamentare».
Il vostro Mattarellum 2.0 non ha convinto il premier.
«Quando
Renzi ha detto “decide il Parlamento” io ho fatto una proposta.
Dobbiamo evitare che anche il prossimo Parlamento sia fatto
prevalentemente da nominati. Il secondo punto da correggere è il
rapporto tra rappresentanza e governabilità. C’è il rischio che una
piccola forza politica, che rappresenta una minoranza, ottenga una
maggioranza tale da determinare la vita del Paese».
Se Renzi non vi accontenta lei lancerà da Catania i comitati per il No e, un minuto dopo, si candiderà al congresso?
«Il
tema dei comitati non si pone ora. Ma, o si pongono le condizioni per
una svolta politica, oppure una parte consistente del nostro mondo
finirà per dire No».
Si può restare nel Pd dopo aver bocciato la riforma cardine di un governo guidato dal segretario?
«Sulla
riforma costituzionale non ci sono diktat di partito. Tantissimi
iscritti, elettori e dirigenti voteranno No, convinti che non sia un
voto sul Pd, sul governo o sul premier».
Se vi smarcate, non è per dare la spallata a Renzi?
«No.
È un voto sull’architettura istituzionale. Nel momento in cui una sola
camera fa le leggi e dà la fiducia al governo, diventa fondamentale come
quella camera viene eletta. Con l’Italicum l’equilibrio complessivo non
è soddisfacente».
Quindi resterete nel Pd, anche se vince il Sì?
«Si può arrivare al No stando con due piedi dentro il Pd. È una posizione assolutamente legittima».
Bersani e Cuperlo la pensano come lei?
«Anche se non c’è un ordine di partito, né di corrente, mi sembra che stiano dicendo le stesse cose che dico io».
Se voi escludete la scissione, la strategia della minoranza diverge da quella di D’Alema.
«Questo
va chiesto a D’Alema. Io mi auguro che anche lui continui a considerare
il Pd come il grande soggetto a cui abbiamo lavorato per rendere il
centrosinistra maggioritario. Non vedo spazio per un quarto polo. Per me
la prospettiva è ancora dentro un Pd che non si muova da solo contro
tutti. Ma è chiaro che, se non ci sarà quella svolta che chiedo, si può
arrivare a votare No».
Lei è ancora il candidato segretario in pectore della minoranza?
«Continuo a lavorare per costruire un’alternativa a Renzi dentro al Pd».