Avvenire 24.09.16
Quelle tresche con Hitler tra i segreti di Lawrence d'Arabia.
di Roberto Festorazzi
Quanti
segreti nasconde la vita di Lawrence d’Arabia? Innumerevoli, ma il più
grande di tutti riguarda le trame inconfessabili dei suoi legami con la
parte più filonazista dell’establishment del suo Paese, la Gran
Bretagna. Se pensiamo che attorno alle circostanze della morte di
Lawrence, avvenuta il 19 maggio 1935 a seguito di un incidente
motociclistico, vennero posti i sigilli del segreto di Stato, possiamo
affermare che non c’è aspetto controverso della sua biografia su cui si
possano diradare le nebbie. È nostra convinzione, dopo aver letto Le
vite segrete di Lawrence d’Arabia, libro-inchiesta dei giornalisti
Phillip Knightley e Colin Simpson, uscito da poco per i tipi di Odoya,
che negli archivi inglesi si nascondano le prove del suo coivolgimento
nella maxicongiura che vide la Corona britannica capeggiare nell’ombra
le tresche con Hitler, dal 1933 almeno fino al 1940-41, se non oltre.
Non è stato ancora sollevato, ad esempio, il velo sulle connessione di
Lawrence con l’allora principe ereditario Edoardo, che regnò per un solo
anno, nel 1936, disseminando tuttavia l’intera scena della famiglia
reale delle impronte contaminanti di un colossale “crimine politico”: la
simpatia, scandalosa, per la Germania nazista. Ma ciò che si conosce è
già sufficiente per dare credito alla “leggenda”, che tale non è,
secondo la quale, in quel maledetto maggio del 1935, Lawrence era pronto
a raccogliere l’invito del suo amico letterato Henry Williamson a
incontrare Adolf Hitler. Dal racconto di Knightley e Simpson prende così
consistenza la tesi secondo la quale, se la sua vita non fosse stata
troncata dal destino, il “consigliori” inglese della Rivolta Araba
avrebbe certamente finito per indossare i panni dell’agente speciale
della pacificazione con il regime hitleriano. Fatalmente, le democrazie
anglosassoni erano all’affannosa ricerca di figure carismatiche che
potessero guidare gli approcci dell’appeasement, la politica delle
intese a oltranza con il Führer. L’opinione pubblica era disorientata, e
bisognava ancorarla al verbo di “oracoli”: così come l’eroe
trasvolatore Charles Lindbergh, un mito adorato dalle folle, capeggiava
in America le tendenze filonaziste, così, in Gran Bretagna,
l’ultrapopolare Lawrence avrebbe potuto essere arruolato per una tale
crociata. Non si è ad esempio riflettuto abbastanza sul fatto che, alla
metà degli anni Trenta, e anche oltre, in Inghilterra, i fautori della
pacificazione con la Germania, diversamente da quanto si creda, erano
generalmente a favore del riarmo. Al contrario dei laburisti, che
sostenevano ciecamente il disarmo, i conservatori più agguerriti e di
destra, come il marchese di Londonderry, ministro dell’Aviazione dal
1931 al 1935, o Lord Rothermere, tra i primi esponenti politici del
Regno Unito a incontrare Hitler, ingaggiarono furiose battaglie per
rafforzare il potenziale militare difensivo/offensivo dell’Impero di sua
maestà. Potevano sbagliare, sul piano dell’analisi fattuale, a
sovrastimare la ragionevolezza dei nazisti: ma non erano sciocchi, e
ritenevano che, nel caso in cui non fosse stato possibile accordarsi con
la Germania, bisognasse essere pronti a guerreggiare riarmandosi fino
ai denti. Cosicché anche la politica di appeasement del premier Neville
Chamberlain, che portò l’Inghilterra alla fragile tregua di Monaco del
settembre 1938, viene oggi considerata dalla maggior parte degli storici
come un tempo di preparazione allo scontro bellico. Lawrence d’Arabia
si colloca con nettezza dentro la scia di queste ambigue e oscure trame,
e ce lo stanno a indicare le sue amicizie con alcune tra le figure
centrali di questa navigazione a vista in direzione dell’abbraccio con i
nazisti: non soltanto era infatti legato al marchese di Lothian, figura
di punta dell’appeasement, ma, soprattutto, era in combutta con Lady
Nancy Astor, che guidava la cosiddetta “cricca di Cliveden”: una sorta
di cabina di regia occulta del collaborazionismo con il Terzo Reich. Da
Cliveden, nell’anno di Monaco, 1938, Lady Astor puntellò la traballante
compagine ministeriale di Chamberlain con il valido aiuto di un altro
fautore della “linea morbida” con la Germania: l’ambasciatore degli
Stati Uniti alla corte del re d’Inghilterra, Joseph Kennedy, padre di
JFK. Gli ultimi atti, e le estreme preoccupazioni di Lawrence, prima del
suo sganciamento dalla Raf, la forza aerea britannica, furono proprio
rivolte a potenziare e aggiornare la “macchina da guerra” inglese:
sostenuto da Lady Astor, fin dal 1931 lavorò all’adeguamento del
regolarmento della Royal Air Force. Benché semplice aviere, avanzò al
governo proposte riguardanti il reclutamento degli ufficiali, istituì
nuovi servizi, esercitò pressioni su Westminster, aiutò a predisporre
progetti di legge, redasse un documento sulla parte che avrebbe dovuto
svolgere la Raf in un’eventuale guerra e cooperò al disegno di un
prototipo di hovercraft. Insomma, in strette connessioni con la
superlobby di Cliveden, Lawrence d’Arabia fu un manovratore occulto del
riarmo, tanto che, nel marzo del 1935, gli venne richiesto, sempre
attraverso Lady Astor, di porre mano alla riorganizzazione della difesa
territoriale. Che cosa ci dice che l’ispiratore dei beduini del deserto
avrebbe davvero rappresentato una delle punte estreme dell’appeasement?
Una circostanza molto semplice. E cioè che, ancora prima di morire, nel
1935, cioè poco dopo che Hitler ebbe annunciato di aver raggiunto la
parità aerea con la Gran Bretagna, Lawrence considerava come, nello
scenario di un nuovo conflitto mondiale, fosse la Francia, e non la
Germania, il nemico potenziale contro cui il suo Paese avrebbe dovuto
battersi. Il suo inveterato odio per la nazione latina non era venuto
meno, neppure all’affacciarsi del pericolo nazista. Incoraggiato e
coccolato da Lady Astor, da Lord Lothian, e dal resto della vasta
“cricca” che trescava con i regimi “forti”, il sobillatore della Rivolta
Araba si illudeva che Hitler fosse un uomo d’onore. Ma, intanto, dalla
sua mente grandinavano idee su idee per il riarmo. Prima di morire,
suggerì di attrezzare 15 nuovi aeroporti, di accelerare la produzione
degli apparecchi da guerra e di incrementare le commesse per l’industria
bellica. Scrisse, in un rapporto: «I nostri aerei militari sono come
alberi di Natale, tutti carichi di vistosi congegni, i nostri
idrovolanti sono delle bazzecole, i nostri apparecchi civili sono
(quasi) i più lenti del mondo e la nostra tattica e strategia aeree sono
infantili».