Repubblica 26.8.16
Sudafrica.
Mmusi Maimane guida l’Alleanza democratica “Noi, contro la corruzione di Zuma”
Il giovane leader nero che ha sconfitto il partito di Mandela
di Pietro Veronese
Da
qualche giorno Johannesburg, principale città del Sudafrica, ha un
nuovo sindaco. Si chiama Herman Mashaba, ha 56 anni, non è un politico
di professione bensì un uomo d’affari. E soprattutto per la prima volta
nella storia del Sudafrica democratico non appartiene all’African
National Congress, il partito che fu di Nelson Mandela e governa
ininterrottamente dal 1994.
Lo stesso è successo a Città del Capo e
a Pretoria, la capitale. Delle sei principali città sudafricane l’Anc
ha ottenuto una maggioranza netta solo a Durban, ma quello è il feudo
elettorale del presidente Jacob Zuma. Tale è stato il sommovimento
causato dalle ultime elezioni amministrative, che potrebbe produrre il
suo effetto finale alle prossime elezioni politiche nel 2019: la fine
dell’egemonia, e del primato, dell’African National Congress.
È
Mashaba al momento il volto nuovo della politica sudafricana. Promette
lotta totale al malaffare: «Da oggi la corruzione è il nemico pubblico
numero uno in questa città». Servizi invece di bustarelle è il suo
programma. E anche posti di lavoro: «800mila residenti di Johannesburg,
uno su tre, sono disoccupati».
Tuttavia, dietro di lui, il vero
artefice del cambiamento è un uomo molto più giovane e già protagonista
della vita pubblica. Mmusi Maimane ha 36 anni, cinque meno di Renzi (in
Sudafrica l’età media è 26 anni e mezzo, in Italia 45), ed è il leader
del secondo partito del Paese e principale formazione d’opposizione, la
Democratic Alliance. Eletto alla guida del partito un anno fa è riuscito
a portarla alla sua prima indubbia vittoria alle urne. Non una vittoria
piena: a Johannesburg, per esempio, l’Anc resta il partito di
maggioranza relativa e Mashaba è stato eletto sindaco dal nuovo
Consiglio comunale solo grazie ai voti dei terzi arrivati, i populisti
radicali dell’Eef ( Economic Freedom Fighters). Ma la Democratic
Alliance è di certo la forza emergente, espressione di vero
rinnovamento, portatrice di cambiamento storico perché a differenza
dell’Anc non è espressione diretta della secolare lotta di liberazione
dei neri sudafricani. A incarnare tutto questo è lui, il giovane,
piacente, suadente, brillante Mmusi. La ragione è semplice: è il primo
leader dell’Alleanza democratica con la pelle nera.
La Democratic
Alliance ha avuto nel Sudafrica democratico una vita complicata. È
l’erede delle formazioni liberal dei bianchi sudafricani, che si
opponevano al regime della segregazione razziale. Alle prime elezioni
democratiche del 1994 ottenne un minuscolo 1,7 per cento. È cresciuta
lentamente. La sua forza è stata la conquista dell’unica grande città
sudafricana non amministrata dall’Anc, Città del Capo, e poi della
provincia, il Western Cape. Prima di Maimane la sua leader era Helen
Zille, una donna dalle impeccabili credenziali anti-apartheid. Ma Helen è
una bianca, e questo argomento è sempre stato usato, in maniera più o
meno esplicita, dalla propaganda dell’Anc. Questo fattore, il “fattore
R” come razza, unito alla sciagurata conduzione della campagna per le
politiche del 2014 — che hanno visto comunque il partito attestarsi al
22 per cento — ha infine indotto la Zille a ritirarsi.
Mmusi
Maimane era il favorito per la successione. Scegliendolo come capogruppo
parlamentare e portavoce del partito, la Democratic Alliance aveva
fatto di tutto per dargli massima visibilità e scollarsi così di dosso
l’etichetta di “partito dei bianchi”. Mmusi era già di fatto il capo
dell’opposizione, quanto meno parlamentare, e non perdeva occasione per
affrontare direttamente Jacob Zuma sul tema della corruzione: «Non
s’inganni, signor Presidente, un giorno lei dovrà comparire davanti a un
tribunale». La sua nomina a leader del partito ha consacrato il suo
ruolo e definitivamente liberato l’Alleanza democratica da un’immagine
legata al passato. Per questo i commentatori non fanno che ripetere che
le ultime elezioni amministrative sono state le prime in cui il “fattore
R” non ha contato. Una verità che Mmusi Maimane conferma con le sue
scelte di vita: Natalie, sua moglie, ha la pelle bianchissima.