venerdì 26 agosto 2016

Corriere 26.8.16
Trinità cristiana e monoteismo islamico

Religioni. Iblis, il Satana islamico che riconosce l'autorità di Dio ma rifiuta di prosternarsi davanti ad Adamo
Il destino dell’angelo ribelle trafitto dalla freccia divina
di Pietro Citati


Il pensiero cristiano parla dell’Unità e Trinità di Dio: questa idea possiede tutto il mondo europeo, abituato a scorgere nel gioco dell’Uno e del Tre le forme essenziali della nostra mente. Quando un dotto o un semplice fedele islamico ascolta questa parola, Trinità di Dio, si indigna: il termine Trinità, applicato a Dio, costituisce per lui l’essenza dell’empietà, il cuore dell’eresia .
Il fedele islamico insiste: Allah è l’Uno: nient’altro che l’Uno; egli non fa che ripetere questa parola fino alla vertigine e all’ossessione. Dio è l’Unico, senza secondi, senza compagni, senza simili, senza figli: Possessore senza associati e senza ministri. Dio non è solo il Bene, ma anche il Male: ciò che il cristiano rifiuta con orrore. Come dice il Corano, «Dio guida chi vuole e svia chi vuole»: può indurre in tentazione, e condurre le anime umane nel peggiore degli abissi. Egli è onnipotente: nulla gli sfugge, per il motivo che nulla è creato ed esiste al di fuori della Sua essenza. Contiene tutte le qualità e le forme possibili. Può portare alla perdizione: salva e condanna a Suo piacimento; se vuole, anche prescindendo dal merito. Induce i miscredenti a fare il male: sigilla il loro cuore e il loro udito, stende un velo sugli occhi, li rende ciechi. Se qualcuno possiede «una malattia del cuore», Egli non la mitiga e non la cura, ma la accresce. Travia, induce in errore, insidia, tende tranelli, trama inganni: come Zeus, il grande ingannatore della religione greca.
Allah non si incarna come il Dio cristiano: se si incarnasse, non sarebbe unico. Egli «entra» nelle forme create, come un’immagine entra e si riflette dentro uno specchio. Chi contempla le cose, non conosce la luce divina: la scorge trasformata e deformata, come la luce che penetra in un filtro di vetro colorato viene tinta dal giallo o dal rosso. Così il nostro mondo è l’ombra rispetto alla persona, l’immagine specchiata rispetto alla figura, il frutto rispetto all’albero. Il cielo è un punto uscito dalla penna della perfezione di Dio: la terra è un fiore del giardino della Sua bellezza, il sole una piccola luce emanata dalla Sua saggezza, la volta celeste una bolla del mare della Sua onnipotenza. Così un fedele, che si slancia verso le forme create per conoscere Dio, incontra la delusione più atroce: giacché il mondo è un velo che ci nasconde il Suo volto. Non sappiamo se ce lo nasconde perché è un velo troppo spesso: o perché la manifestazione di Dio è così intensa, la rivelazione così luminosa da accecare il nostro occhio. Sebbene Dio si manifesti in tutte le cose, Egli è nascosto ed assente, e noi sogniamo invano la Sua rivelazione. Egli abita infinitamente lontano. L’unica conoscenza che possiamo avere di Dio è la coscienza di non poterLo conoscere .
Allah crea sia Adamo sia gli angeli: non sappiamo secondo quale progressione (Carlo Saccone, Iblis il Satana del Terzo Testamento , Centro Essay Bey; Autori vari, La caduta degli angeli , Edizioni dell’Orso). Egli accorda a Adamo il dono di essere Suo vicario, e di possedere i nomi segreti di tutte le cose, ossia una scienza superiore a quella degli angeli. Il cuore di Adamo è caldo e appassionato: conosce il dolore, questa esperienza suprema, mentre il cuore degli angeli è gelido. Ma talora ci viene detto che gli angeli sono superiori, perché sono fatti di puro spirito, mentre Adamo è composto dai quattro o dai sette elementi.
Poi accade una cosa capitale, di cui non ci informano le Scritture, ma solo testi ebraici eterodossi e la Seconda lettera di Pietro, a cui l’Islam si ispira. Gli angeli — in primo luogo Lucifero — si ribellano: essi sono posseduti dalla superbia; credono di essere superiori a Dio, e a Adamo, creatura privilegiata di Dio. Non sopportano l’incarnazione di Cristo e la sua morte sulla croce per amore degli uomini. Peccano di lussuria: si uniscono alle «figlie degli uomini», generando una razza di giganti, e vengono incatenati nelle tenebre. Secondo l’Islam, Dio instilla in loro la stessa concupiscenza, che aveva infuso in Adamo. La conseguenza di questa unione è terribile. Gli angeli perdono il loro splendore: diventano oscuri; nasce un tempo di empietà, di perversione, di corruzione, di licenza erotica. Tutta la creazione diventa malvagia: anche gli animali e gli uccelli; tutte le creature concepiscono e compiono il male. Come dice la Genesi, «ogni carne perverte la sua condotta sulla terra». Dio dice: «Voglio eliminare gli uomini ed ogni carne dalla superficie della terra»; accade il Diluvio.
Nel Corano, il principe degli angeli caduti porta il nome di Iblis. Egli è vicinissimo a Dio: lo conosce fino dalla pre-eternità; non c’è nessuno che Dio conosca meglio di lui. Quando Dio gli dice: «Tu sia maledetto», Iblis risponde: «Per la Tua gloria, o Signore, io amo questo onore, la maledizione, che da te mi viene». Capisce che anche l’infamia e la maledizione sono un onore altissimo, se vengono da Lui. Vuole possedere la scienza segreta: la scienza del segreto di Dio e del Suo piano; giunge a conquistarla, accettando la piena sottomissione al Principio Unico. Così egli è il primo, assoluto monoteista: il suo servizio nei confronti di Dio è puro, il suo ricordo dolce, il suo servizio senza rivali. Iblis conosce la Separazione, «gravida della Sua ira»: ma, per lui, questa Separazione è un mezzo per conoscere meglio l’unione suprema.
Insieme a tutti gli altri angeli, Iblis viene invitato da Dio a prosternarsi davanti ad Adamo, che è stato appena creato, e riflette la Sua immagine e la Sua somiglianza. Tutti gli angeli si prostrano: ma non Iblis; foggiato dal fuoco, non si inchina davanti a una creatura di fango, che gli è infinitamente inferiore. Da un lato, si ribella di fronte a un comando di Dio: perciò pecca; dall’altro, non prostrandosi davanti a una creatura, afferma di essere il perfetto monoteista, che ama, adora e venera soltanto l’essenza inconoscibile di Dio. Se obbedisse alla parola celeste, egli si mostrerebbe un idolatra, come gli altri angeli: disobbedendo, attesta l’unicità divina, ma viene cacciato dal cospetto supremo.
Il signore segrega Iblis nel più profondo e buio degli inferni. Appena ode pronunciare la condanna, Iblis non si chiede se è un bene o un male: si dice soltanto che essa scende dal soglio di Dio, come scende la pioggia della Sua grazia, e l’accoglie con tutto il fervore dell’anima. Ha un unico desiderio: servire da bersaglio alla freccia di Dio. Sa quanto sia soave: perché, prima di lanciare la freccia, il Signore fissa a più riprese lo sguardo sul bersaglio della propria collera. Allora il dolore della ferita viene dimenticato: la memoria riceve nei propri recessi soltanto la beatitudine di quello sguardo, dove il corruccio si confonde con la più dolce misericordia. Così egli diventa il primo dei santi, il primo dei mistici, ed ispira tutti i mistici islamici .