L’ultimo libro di Salvatore Settis è “Costituzione! Perché attuarla è meglio che cambiarla” (Einaudi).
Il Fatto 26.8.16
Salvatore
Settis “La prima grande opera è la messa in sicurezza, non il falso
sviluppo fatto di Tav, Ponti sullo Stretto e autostrade inutili”
intervista di Silvia Truzzi
Non
è il momento delle polemiche”, si sente ripetere in queste ore di
macerie e numeri neri come la morte. Ma è proprio il rispetto per chi
ha perso tutto – vita, amici, case e futuro – che impone riflessioni.
Salvatore Settis – archeologo, ex direttore della Normale di Pisa, ex
presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, un curriculum
sterminato che va dal Getty Center di Los Angeles allo European Research
Council – da tempo si occupa della tutela del paesaggio e sabato sarà
ospite per un dibattito sul referendum costituzionale alla festa del
Fatto di Roma. Perché è la Carta che all’articolo 9 spiega che la
Repubblica italiana “tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della
Nazione”. O almeno dovrebbe.
Professore, da tempo lei ha lanciato un allarme sulla tutela del paesaggio. Forse non sufficientemente ascoltato.
Non
sono certo il primo ad averlo fatto. Nel 1980, dopo il terremoto
dell’Irpinia, Giovanni Urbani scriveva: “Non è necessaria nessuna
competenza in economia per sapere quale sarà il saldo di una politica
economica che non si è mai degnata di far entrare nei propri conti i
costi del dissesto geologico, del disordine urbanistico e della incuria
verso il patrimonio edilizio storico. Ci vorrebbe assai poco per
calcolare il danno economico che incombe sulla penisola ove persistesse,
come purtroppo certamente persisterà, l’assenza di ogni politica di
difesa del suolo e di consolidamento preventivo dell’edilizia storica”.
Parole che paiono scritte oggi e che invano richiamai dopo il terremoto
d’Abruzzo (2009) e dopo quello d’Emilia (2012), sostenendo, se posso
autocitarmi, che la prima grande opera di cui il Paese ha bisogno è la
messa in sicurezza del proprio territorio. Vale ora più che mai.
Il
caso di Norcia – epicentro della seconda scossa dell’altra notte –
dimostra che dove s’interviene per mettere in sicurezza gli edifici, i
danni sono limitati.
Confrontiamo due dati: dopo il terremoto di
Reggio Emilia del 1996 la Soprintendenza mise in sicurezza campanili e
monumenti, e lo fece così bene da farli resistere al sisma del 2012.
Nel 2012, invece, si è lasciato crollare il campanile di Novi Modenese e
si è abbattuto con la dinamite quello di Poggio Renatico. Quel che è
cambiato in questi anni non è la legge, ma la prassi berlusconiana
instaurata dopo il terremoto d’Abruzzo. Da quel che accadrà ora ad
Amatrice si capirà se questo governo è più fedele alla legge o
all’ideologia delle cosiddette new town.
Dal Belice continuiamo a
spendere solo per ricostruire. Ma oltre il 60% degli edifici italiani è
stato costruito prima che entrassero in vigore le normative
anti-sismiche.
Come facciamo per la salute del nostro corpo, così
l’Italia dovrebbe fare per il proprio territorio: prevenire, prima che
curare. Che cosa ci impedisce di farlo? Risposta: la colpevole rincorsa
al falso sviluppo fatto di devastanti Tav, ponti sullo Stretto, inutili
autostrade, opere pubbliche da farsi nell’interesse non dei cittadini ma
delle imprese. La corruzione legata a molte di queste opere la dice
lunga sul perché esse continuano a essere al centro dei progetti della
politica.
Armando Zambrano, presidente dell'Ordine degli
ingegneri, ha detto: “In Europa ci si preoccupa più del risparmio
energetico che della p r e v e nzione antisismica perché i Paesi a
maggior rischio sono praticamente solo Italia e Grecia”.
Italia e
Grecia sono i Paesi della “periferia meridionale” citati nel documento
JP Morgan (maggio 2013) come bisognosi di riforme costituzionali che
riducano la spesa sociale e la tutela dei lavoratori (l’Italia è anzi
ricordata espressamente). Mostrando i muscoli al largo di Ventotene,
Renzi sarà stato un po’ imbarazzato per questa definizione dell’Italia
come “periferica”? E per prenderla da un altro lato: che Europa è mai
questa, se non si cura della tutela della vita dei cittadini e della
sorte dei monumenti storici in Grecia e in Italia?
Le spese per la
ricostruzione non sono considerate straordinarie e sono dunque
sottoposte a vincoli di bilancio. Torniamo sempre allo stesso punto:
questi principi – ora di rango costituzionale grazie alla riforma
dell’articolo 81 della Carta – entrano in concorrenza con i diritti più
importanti come sicurezza e salute.
Nonostante il nuovo articolo
81 della Carta stravolto dal governo Monti, resta in piedi “la
primarietà del valore estetico-culturale, che non può essere
subordinato ad altri valori, compresi quelli economici, ma deve essere
capace di influire profondamente sull’ordine economico-sociale”, secondo
più d’una sentenza della Corte costituzionale (per esempio la
151/1986). E se questo è vero per i monumenti, lo è a maggior ragione
per la salute e la vita dei cittadini. Non posso credere che il governo
calpesterà questa necessaria gerarchia di valori.