La Stampa 27.8.16
Depressione e disturbi bipolari. Complice è la primavera
Il picco di chi tenta di togliersi la vita è tra marzo e giugno
Lo studio dell’Università di Torino: ricoveri legati alla stagionalità
di Noemi Penna
Maledetta
primavera. Questa volta non c’entrano le pene d’amore: lo sbocciare
della natura, almeno nel Nord Italia, pare essere collegato anche
all’aumento delle patologie psichiatriche acute.
Il freddo, le
giornate con poca luce, la solitudine e i problemi famigliari, a questa
latitudine, non incidono sull’aumento delle patologie psichiatriche,
tanto meno sui suicidi. Altro che depressione natalizia: il picco
massimo di chi premedita di togliersi la vita o tenta di attuarlo è
appunto in primavera, proprio come l’emergere di disturbi bipolari. Ad
analizzare la stagionalità dei ricoveri psichiatrici d’urgenza, e a fare
l’affascinante (e inattesa) scoperta, è uno studio nostrano che ribalta
i precedenti. Gli unici sinora ad aver studiato su vasta scala la
stagionalità sono i ricercatori del Nord Europa, dove l’inverno è molto
più rigido che in Italia ed esiste un impatto diverso della luce e
quindi della ciclicità dei sintomi psichiatrici.
Patologie e sintomi
Ad
aver condotto la ricerca, analizzando le cause dei ricoveri
psichiatrici in rapporto alla stagionalità, è stato il professor
Giuseppe Maina dell’Università di Torino, primario al San Luigi Gonzaga
di Orbassano. «Da sempre sappiamo che le patologie psichiatriche sono
collegate al clima – spiega lo psichiatria –, ma finora non sapevamo
come la stagionalità influisse sui sintomi dei malati psichiatrici alla
nostra latitudine». Ed ecco la scoperta: «Il cambio delle stagioni
incide sul numero delle psicosi, così come sui suicidi e sul numero dei
trattamenti sanitari obbligatori, ma con risultati che ribaltano
l’immaginario comune. I picchi sono fra marzo e giugno mentre a dicembre
si ha il minor numero di accessi».
Cause inattese
Lo studio
– realizzato con i dottori Andrea Aguglia, Marta Moncalvo e Francesca
Solia e da pochi giorni pubblicato sull’International Journal of
Psychiatry in Clinical Practice – si basa su un campione di 730 ricoveri
eseguiti fra settembre 2013 e agosto 2015. Oltre alle cause del
ricovero, per ogni paziente sono stati valutati età, sesso, livello di
studio, occupazione e stato civile, creando così un’inedita fotografia
dei malati psichiatrici, per valutare al meglio la stagionalità dei
sintomi in base a dove vivono.
La prevalenza dei ricoveri non
volontari è risultata del 15,4%: questi pazienti hanno un’istruzione di
livello superiore alla media e gli episodi hanno avuto un picco nel mese
di giugno, abbinato anche a tempi di ricovero più lunghi rispetto a
episodi verificatisi in altri periodi dell’anno. Ad aumentare in estate è
invece la schizofrenia, che si attesta una patologia strettamente
collegata al caldo. «Questi dati confermano che la stagionalità ha un
ruolo importante nella psicopatologia dei disturbi psichiatrici e
influenza anche il numero dei ricoveri ospedalieri», afferma il
professor Maina. «Questo ci conduce ora a creare un nuovo modello di
cura stagionale, per la diagnosi e il trattamento dei disturbi mentali
anche in Italia. E ci aiuterà soprattutto nella prevenzione, ovvero ad
individuare e intervenire prima che si renda necessario un ricovero
d’urgenza».
Prossima ricerca
Ma questa scoperta apre anche
ad altre domande. «Le patologie psichiatriche appaiono strettamente
collegate ai ritmi biologici, come il sonno e i cambiamenti ambientali -
conclude lo psichiatra - e abbiamo fornito ulteriori prove sulla
gravità dei disturbi in relazione alla vulnerabilità biologica, ma non
sappiamo ancora il perché». Ora quindi si prosegue con la ricerca, «per
analizzare i singoli fattori ambientali e sociali che accompagnano i
cicli dell’anno».