sabato 27 agosto 2016

La Stampa 27.8.16
“Ancora oggi i segni religiosi
disturbano la nostra laicità”
di Leo. Mar.


Il burkini? A suo modo, in Francia, il frutto di una vecchia polemica. Almeno secondo Valentine Zuber, storica dell’École pratique des Hautes Études di Parigi, che nel suo ultimo libro scrive dell’«ossessione vestimentaria» dei suoi connazionali, riguardo alla manifestazione della propria religiosità negli spazi pubblici. «Dipende dall’influenza che ha avuto e ha ancora oggi una visione anti-religiosa propria della nostra tradizione repubblicana ottocentesca, in contrasto con una visione più liberale della laicità, più diffusa nel resto dell’Europa».
Insomma, una vecchia storia?
«Sì, pensi che all’inizio del ventesimo secolo, dopo la legge del 1905, sulla separazione tra Stato e Chiesa, qualche sindaco tentò di imporre il divieto di portare abiti religiosi a suore e preti negli spazi pubblici, anche per le strade. Quelle ordinanze vennero annullate dal Consiglio di Stato, già allora.»
Cos’è cambiato?
«Al posto dei cattolici, si prende di mira l’Islam. Anche perché in Francia c’è stata una secolarizzazione accelerata del mondo cristiano. Da noi sono scomparse dalle strade le suore con il velo o i parroci con le sottane, come se ne possono vedere ancora in certe città dell’Italia. Abiti che siano il segno di una religiosità disturbano ancora di più, non c’è l’abitudine. Restano, appunto, i veli delle donne islamiche».
Ma quegli abiti non compromettono la dignità delle donne?
«Questa è una delle mitologie create all’interno della sinistra francese dalla filosofa Élisabeth Badinter, per cui quelle che indossano il velo sono obbligate a farlo e che noi dobbiamo liberarle. Anche le dichiarazioni più recenti di Laurence Rossignol, ministra responsabile dei diritti delle donne, vanno nello stesso senso. Si parte dal punto di vista che una donna che porta il velo è obbligata dal marito o dal padre. È una visione paternalistica».
In che senso?
«La laicità francese si è costruita a lungo contro le donne. Esiste nei confronti del mondo femminile una diffidenza che deriva dalla stessa tradizione repubblicana, come se le donne fossero delle eterni minorenni, incapaci di avere un giudizio personale o di emanciparsi».
Non arriverà mica a giustificare il burqa?
«Ma quello è un problema diverso, risolto con la legge del 2010. Nel burqa la donna non mostra il viso. È stato proibito per ragioni di sicurezza. La laicità non c’entra nulla».