La Stampa 26.8.16
Colombia, pace fra governo e Farc. Finisce mezzo secolo di guerra
L’intesa
firmata a Cuba mette fine al conflitto che ha segnato il Paese per 50
anni Il 2 ottobre sarà sottoposta a referendum. I negoziati sostenuti da
Onu, Usa e Ue
di Emiliano Guanella
«Oggi
possiamo dire che la guerra è finita». Poche parole, destinate a entrare
nella storia quelle del presidente colombiano Juan Manuel Santos, dopo
la firma definitiva dell’accordo di pace tra il governo e i guerriglieri
delle Farc. L’intesa viene sigillata all’Avana, con la presenza degli
inviati dei Paesi che hanno fatto da garanti a tutto il processo:
Norvegia, Cile, Cuba e Venezuela.
In quasi 4 anni di negoziati la
diplomazia mondiale si è fatta in quattro, includendo i massimi
rappresentanti Onu, dell’Unione europea, della Croce Rossa
Internazionale. L’accordo prevede che le Farc abbandonino
definitivamente la lotta armata, consegnino l’intero arsenale ancora a
loro disposizione e si inseriscano nella società civile. Ogni
guerrigliero riceverà uno stipendio di duecento dollari per due anni,
oltre ad un assegno una tantum di 3.000 dollari per intraprendere delle
attività in proprio.
Molti di loro, soldati fin da quando erano
ragazzini, torneranno a scuola. Potranno godere di un’amnistia generale
per i reati commessi, salvo i crimini di guerra e i delitti di lesa
umanità. Una commissione analizzerà caso per caso, ma ci si aspetta
molta «clemenza», una sorta di oblio collettivo per non inceppare il
delicato gioco di equilibri che ha permesso l’intesa. Uno dei punti più
difficili era la ricollocazione politica della guerriglia. Così come fu
con i paramilitari, lo Stato colombiano appoggia la formazione di un
movimento delle Farc, a cui verrà destinato il 5% del finanziamento
pubblico ai partiti e un totale di 10 seggi di diritto fra Camera e
Senato per le due prossime legislature. Meglio in politica, che sulle
montagne o nella selva a combattere contro le istituzioni.
L’intero
accordo sarà sottoposto a un referendum il 2 ottobre, i sondaggi danno
numeri incerti. Ieri, comunque, si sono visti caroselli d’auto a Bogotà e
nelle principali città del Paese; una piccola festa liberatoria, perché
questa volta sembra davvero si faccia sul serio. La guerra ha marcato
almeno quattro generazioni di colombiani causando, anche per l’azione di
altri gruppi guerriglieri e dei paramilitari, 220.000 morti, 80% dei
quali civili, e quasi 5 milioni di sfollati, un’infinità di famiglie
devastate. Si è scritto molto e si è tentato più volte di porre fine
alle ostilità, ma non si è mai riusciti ad arrivare una soluzione
finale. Nel 1999 Andrés Pastrana ci era andato vicino, la sua celebre
camminata nella zona di distensione con Manuel «Tirofijo» Marulanda
aveva fatto sperare, ma poi non se ne fece nulla. Con l’avvento di
Alvaro Uribe, figlio di un latifondista ucciso dalle Farc è calato il
gelo. La liberazione di Ingrid Betancourt, nel 2008, fu una delle sue
grandi vittorie, ma dall’altra parte non è stata mai alzata la bandiera
bianca. Con Santos c’è stata la svolta. Ex ministro di Uribe, ha
sconfessato la linea dura del suo predecessore e ha promesso la pace ai
colombiani. Un miraggio lontano che oggi si materializza, anche se ci
vorrà molto tempo per ricucire le ferite.