sabato 27 agosto 2016

Il Sole 27.8.16
Orbàn sfida la Ue: costruiremo un altro muro
Merkel in viaggio nell’Europa post-Brexit. A Varsavia la cancelliera incontra i leader del gruppo di Visegrad che ribadiscono la linea dura su migranti e quote obbligatorie
di Michele Pignatelli


Se il buongiorno si vede dal mattino, la tappa forse più difficile del tour diplomatico di Angela Merkel nell’Europa del dopo Brexit non è iniziata sotto i migliori auspici. Il premier ungherese Viktor Orbàn - uno dei quattro del Gruppo di Visegrad, che la cancelliera ha incontrato ieri a Varsavia - in un’intervista radiofonica ha annunciato che Budapest costruirà una nuova barriera, «più robusta» e tecnologica di quella già esistente, lungo il confine meridionale con la Serbia (174 chilometri), per far fronte al possibile incremento dei flussi migratori se la Turchia dovesse cambiare la sua politica. Sarà inoltre incrementato di 3mila unità il numero di poliziotti a guardia delle frontiere, che salirà a 47mila uomini. «I confini - ha aggiunto il leader nazionalpopulista - non si difendono con fiori e pelouche, ma con barriere, soldati e armi».
Sul fronte immigrazione, del resto, Budapest è il portabandiera dei “falchi” di Visegrad - gli altri tre membri sono Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia - come conferma il referendum indetto per il 2 ottobre sul piano Ue di redistribuzione dei profughi tra gli Stati membri, dove è attesa una schiacciante vittoria del «no».
Sulla questione delle quote, però, a Varsavia la cancelliera tedesca ha dovuto registrare la netta opposizione di tutti e quattro i Paesi, che hanno piuttosto insistito sulla sicurezza - anche Orbàn, dopo il premier ceco Sobotka, si è espresso ieri a favore di un esercito comune europeo - e sulla necessità che la politica migratoria venga decisa a livello nazionale e non a Bruxelles. La Commissione la smetta «di fare politica» - ha detto ancora Orbàn - e ceda potere alle capitali; mentre la premier polacca Beata Szydlo (che ha incontrato Merkel prima del vertice a quattro) ha insistito sulla necessità di rafforzare i confini esterni della Ue e di affrontare l’emergenza migranti attraverso aiuti umanitari in Medio Oriente e Africa invece di consentire l’ingresso dei profughi.
In un contesto così poco malleabile, la cancelliera tedesca si è limitata a ricordare che «occorre conciliare il rispetto della legge con la necessità di fare qualcosa» per i rifugiati, ma ha poi preferito insistere, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, sulle questioni più consone alle sensibilità dei suoi interlocutori e sugli obiettivi più generali del suo viaggio, che punta a rilanciare e compattare la Ue prima del vertice di Bratislava del 16 ottobre, il primo senza la Gran Bretagna. Ha definito dunque sicurezza e crescita economica le sfide principali da affrontare, perché «i cittadini accetteranno l’Europa solo se questa mantiene la promessa di prosperità». Quindi ha sottolineato che la decisione britannica di lasciare la Ue evidenzia l’importanza di una migliore comunicazione tra gli Stati membri, «ascoltando gli uni le ragioni degli altri con riunioni a formato variabile». In questo senso, ha lodato la decisione di tenere il prossimo vertice a Bratislava e non a Bruxelles, perché - ha detto - avvicina un po’ i leader all’Europa reale.
Ieri sera, al rientro a Berlino, la cancelliera aveva in programma una cena di lavoro con i primi ministri di Olanda, Svezia, Finlandia e Danimarca; oggi concluderà il suo giro di consultazioni - 15 capi di governo da lunedì a oggi - ricevendo i leader di Austria, Bulgaria, Croazia e Slovenia. Infine, venerdì 2 settembre, sempre a Berlino, avrà un incontro con il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.