Il Sole 26.8.16
Investire in prevenzione strada obbligata per ripartire
di Alberto Quadrio Curzio
La
tragedia del terremoto nell’area tra Rieti, Ascoli Piceno e Perugia
suscita anzitutto partecipazione al dolore delle popolazioni colpite. È
un sentimento autentico perché gli italiani in questi momenti drammatici
si uniscono e lo dimostrano con la solidarietà concreta dei soggetti
istituzionali preposti alle emergenze, quella dei volontari, quella
degli operatori dell’economia (imprese, banche e sindacati), quella
delle associazioni comunitarie religiose e non. Sono solidarietà nobili
che contribuiscono a superare l’emergenza e che ci richiamano alle
priorità e alle responsabilità.
E qui si riapre, ancora una volta,
il grande libro di quanto fatto e non fatto con molti capitoli di
analisi e di azione. Tra questi vi sono quelli sulle eventuali
responsabilità e colpe, che non dovrebbero essere intonate al
sensazionalismo, quelli di indennizzare al meglio chi ha subito danni,
quelli di puntare su sistemi per prevenire o mitigare gli eventi
catastrofali e le loro conseguenze. Di questi ci interesseremo con due
tonalità, una storica e l’altra prospettica, parlando spesso di cifre
per spiegare (pur prescindendo dal valore della vita umana) come la
prevenzione costerebbe mediamente meno degli interventi ex post.
Continua pagina 4 Alberto Quadrio Curzio
Continua da pagina 1 Una retrospettiva.
In
Italia ci sono serie analisi anche se non sempre i dati collimano. Tra
queste vanno menzionate quelle condotte dal Cnr insieme a Ingv e a un
consorzio universitario con il supporto di Fondazione Generali, quelle
di Ance, di Cresme, di Cni alle quali ci riferiremo nel seguito senza un
riferimento puntuale.
Si stima che quasi sei milioni di cittadini
siano esposti a rischi idrogeologici e 22 milioni a rischi sismici e
che nei circa 70 anni del dopoguerra fino al 2012 il danno prodotto da
terremoti, frane e alluvioni abbia superato in Italia i 240 miliardi di
euro attualizzati, ovvero una media di 3,5 miliardi all’anno. Si stima
altresì che ogni 5 anni si verifichi in Italia un sisma disastroso. Dal
1968 al 2012 il totale di costi per le finanze pubbliche (comprese
alcune previsioni di spesa) ammonta a 121 miliardi attualizzati per gli
interventi di ripristino conseguenti i 7 terremoti più gravi, tra i
quali ci interventi che potrebbero durare 50 anni. Emerge così anche la
distinzione tra ricostruzioni efficienti e situazioni incancrenite. Né
va dimenticato che tra i costi collettivi permanenti degli eventi
catastrofali vi è un’accisa sui carburanti introdotta nel 1963 e che nel
triennio 2010-2012 ha dato un gettito di 17,5 miliardi utilizzati (ma
non bastanti) per la gestione e ricostruzione ex post di 5 terremoti e 3
eventi idrogeologici.
La prevenzione.
Di fronte a queste
impressionanti cifre si pone un serio problema per le finanze pubbliche
che in Italia sono sempre sotto vigilanza stretta. Se si effettua un
calcolo di costi e benefici (prescindendo dal danno di perdita di vite
umane) dati Usa indicano che 1 euro investito in prevenzione fa
risparmiare 4 euro di costi per ricostruzione, con differenziazioni che
dipendono dalla tipologia dell’intervento preventivo. Altre stime
arrivano anche a un rapporto molto maggiore per l’Italia, su cui
tuttavia aspettiamo conferme dalla citata ricerca del Cnr.
In
Italia si fanno interventi di prevenzione che data la rischiosità
sismica e idrogeologica del nostro Paese appaiono largamente
insufficienti e, per lo stesso motivo, sono assolutamente necessari a
cominciare dalla costruzioni con criteri antisismici e dalla diffusione
della consapevolezza del rischio tra le popolazioni. Anche perché ci
sono catastrofi che causano danni e morti anche come conseguenza delle
edificazioni più o meno abusive in zone a rischio. Certamente questo non
è il caso di centri urbani con millenni di storia e con riferimento ai
quali gli interventi dovrebbero, a parità di rischio, essere prioritari
anche per preservare un patrimonio artistico e architettonico unico al
mondo .
Come ha ben argomentato ieri Giorgio Santilli su queste
colonne, la prevenzione deve essere fatta su almeno due filiere: quella
degli investimenti pubblici, anche con fondi europei; quella con
incentivi ai privati. Sotto il primo profilo si argomenta che i fondi
disponibili per interventi di messa in sicurezza del territorio vengono
investiti con grandi ritardi e per importi inferiori agli stanziamenti a
causa delle nostre barriere burocratico-normative. Sotto il secondo
profilo concordiamo con Realacci che l'allargamento dell’ecobonus del
65% alle opere immobiliari antisismiche a livello di condominio (e noi
aggiungeremmo di quartiere o di comune) sarebbe molto importante.
Dovrebbe inoltre essere ripreso il percorso verso un sistema
assicurativo con garanzia dello Stato contro le catastrofi che non
esiste in Italia, a differenza di altri Paesi, e che ha perso slancio
negli ultimi tempi dopo le proposte seguite al terremoto emiliano del
2012 e alle diffuse alluvioni del 2014.
I vincoli.
Arriviamo
così ai vincoli europei e italiani di finanza pubblica convinti che le
spese di investimento dovrebbero trovare nella normativa e nella prassi
europea un New deal. Per gli eventi catastrofali, le regole della Ue
stabiliscono che il Paese colpito possa avere temporaneamente più
flessibilità di bilancio per fronteggiare l’emergenza, mentre non sono
concesse ex ante delle flessibilità per investimenti di prevenzione.
L’assurdità di questo criterio è resa evidente dal fatto che la
prevenzione può salvare vite umane. Né si può valutare come contributo
dell’Europa alle emergenze l’utilizzo del modesto Fondo di solidarietà
costituito dal 2002. Comunque si giri il problema si ritorna sempre al
punto di partenza. Senza una massiccia politica di investimenti
infrastrutturali ecocompatibili l’Europa non proseguirà nella sua
costruzione. Il Governo italiano farà la sua parte ma non avrà un
compito facile in Europa perché alle deroghe fiscali per questo
terremoto seguiranno ben presto i richiami al rigore. La battaglia deve
perciò essere continuata su un piano alto: quello della crescita o del
declino dell’Europa.
Una conclusione.
Rimanendo alla
prevenzione degli eventi catastrofali la linea politico-istituzionale
italiana dovrebbe anche travalicare gli schieramenti politico-partitici e
quindi governativo-parlamentari che si succedono nel tempo, fissando
come una costante non solo la tutela delle vite umane ma anche quella
della nostra identità storico-culturale espressa da centri urbani ed
opere d’arte con millenni di storia .