il manifesto 26.8.16
Le assunzioni stabili calano del 33%
Inps.
Un terzo in meno rispetto al 2015. Allarmante il dato sui voucher:
aumento del 40%. Le donne e i giovani fino a 29 anni i più colpiti.
Finiti gli sgravi, si è interrotto l’effetto di stabilizzazione dei
precari
di Marta Fana
Sono impietosi gli ultimi
dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps: si assiste a un crollo
dei contratti a tempo indeterminato, bilanciato da un aumento dei
contratti a termine e di un sempre più diffuso utilizzo dei voucher.
Nei
primi sei mesi del 2016, le cessazioni di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato superano le nuove assunzioni facendo registrare un saldo
negativo di 120.253 unità, un dato di gran lunga inferiore ai numeri
relativi allo stesso periodo del 2015, in cui i nuovi contratti netti a
tempo indeterminato erano 131.502. Il dato dipende esclusivamente dalla
riduzione delle assunzioni, -33% rispetto al 2015; le cessazioni
quest’anno non superano quelle del primo semestre dell’anno appena
trascorso. Inoltre, fin qui, la dinamica complessiva del tempo
indeterminato fa peggio anche del 2014, anno in cui il Jobs Act (Decreto
Poletti a parte) e gli sgravi erano soltanto un annuncio. Nonostante la
contrazione delle assunzioni a tempo indeterminato si distribuisca su
tutte le categorie di lavoratori, coloro che ne risentono maggiormente
sono le donne e i giovani fino ai 29 anni. Inoltre, dei nuovi contratti a
tempo indeterminato, solo il 57,6% è a tempo pieno (era il 59,3% nel
2015). Dal punto di vista qualitativo, è il commercio a trainare le
assunzioni, lo stesso che chiede e impone con la contrattazione
aziendale condizioni peggiorative per i lavoratori.
Rallentano
anche le trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo
indeterminato, -37% rispetto al 2015, anch’esse inferiori rispetto ai
valori del 2014. È questo uno dei dati più eclatanti che il rapporto
Inps fa emergere: l’effetto di stabilizzazione dei precari con contratti
a termine una volta finiti gli sgravi si è interrotto. Qui, il ruolo
del Jobs Act emerge solo nei mesi di marzo e aprile 2015. Ne è ulteriore
prova l’andamento dei contratti di apprendistato che nel primo semestre
di quest’anno si mostra costantemente crescente, contrariamente a
quanto avvenuto un anno fa. Di nuovo, l’interpretazione più immediata e
forse plausibile va rintracciata nella legge di stabilità 2015 che
escludeva l’apprendistato dagli sgravi, facendone quindi venir meno il
suo carattere di contratto più vantaggioso in termini di costi. Ora che
gli sgravi sugli altri contratti sono diminuiti, le aziende trovano
conveniente usare l’apprendistato come forma di contratto di inserimento
verso una posizione formalmente a tempo indeterminato.
Quel che
rimane quindi è il lavoro precario, contratti a termine e voucher. I
primi aumentano del 24% nel confronto con il 2015, dato trainato da un
netto calo delle cessazioni, mentre le assunzioni aumentano di un esiguo
0,6%. Anche in questo caso emerge il ruolo che gli sgravi contributivi
del 2015 hanno giocato sulla dinamica contrattuale: nel 2015 le
cessazioni di rapporti a termine erano funzionali alle trasformazioni
che avrebbero beneficiato della decontribuzione.
Infine, il dato
sui voucher, quello più allarmante: tra gennaio e giugno di quest’anno
ne sono stati venduti 69.899.824, in aumento del 40% rispetto a un anno
fa e del 145% rispetto al 2014. Un dato che si commenta da sé ed esprime
la deriva del mondo del lavoro italiano, sempre più usa e getta,
strappato alla sua funzione collettiva e democratica. In queste
condizioni, non dovrebbe stupire la stagnazione dell’economia italiana,
così come non può trovare altra spiegazione il dato della povertà dei
giovani italiani, la categoria che più tra tutte subisce lo sfruttamento
a mezzo di voucher, sempre più imbrigliati da una vita non più precaria
ma ormai occasionale e accessoria.